Intervista a Marco Tonelli

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Gabriele Landi: Ciao Marco quando è come è nato il tuo interesse per l’arte, racconta?

Marco Tonelli: “Nel DNA! Mio nonno Ugo (morto nel 1957) era stato il fondatore del gabinetto fotografico dell’Istituto di storia dell’arte a Roma alla fine degli anni ’20. Anche se l’ho scoperto solo visionando dei documenti di famiglia nel 2013, tra cui un telegramma di condoglianze di Cesare Brandi, con cui aveva lavorato tanto”. 

Gabriele Landi: Ma allora è una falsa partenza… quale è stato l’incontro che ti ha fatto capire che l’arte era per te importante?

Marco Tonelli: “Il punto è proprio questo: il supposto incontro fatidico non c’è mai stato. È un rincorrere qualcosa che sta dietro di noi, prima di noi, di cui non abbiamo memoria…un incontro avvenuto, al futuro remoto per così dire. Nessun episodio specifico mi ha fatto capire che l’arte per me sia importante, sempre che lo sia veramente”.

Gabriele Landi: Che studi hai svolto e quali sono stati gli incontri importanti che hai fatto nel corso della tua formazione?

Marco Tonelli: “Laurea in Storia dell’Arte, poi Diploma di Specializzazione e infine Dottorato di Ricerca, direi un curriculum accademico tradizionale e obbligato per chi voglia fare questa professione”.

Il primo incontro importante durante la formazione

“Enrico Crispolti negli anni della Specializzazione e del Dottorato e poi lo scultore Mino Trafeli”.

Gabriele Landi: Con Enrico Crispolti hai lavorato? Che cosa avete fatto insieme?

Marco Tonelli: “Con Crispolti, al di là dell’amicizia e della grande stima, ho collaborato in varie occasioni, a partire dalla mostra Dal Futurismo all’Astrattismo alla Fondazione Roma nel 2000. Poi in pubblicazioni su Mino Trafeli, Valeriano Trubbiani e Sergio Vacchi in particolare”.

Gabriele Landi: In seguito agli studi come hai indirizzato le tue scelte professionali?

Marco Tonelli: “Seguendo un consiglio che mia aveva dato Francesco Moschini (la prima persona del mondo dell’arte con cui avevo parlato alla fine del Liceo classico): studiare tanto. Anche se non è mai abbastanza ovviamente, perché di mezzo c’è l’attività legata alla curatela, alla docenza, alle relazioni istituzionali. Comunque facendo sempre quel che mi rappresentava non quel che mi conveniva e così facendo sono arrivato a occuparmi anche di artisti viventi storicizzati come Bill Viola, Giuseppe Penone, Fabrizio Plessi, Maurizio Mochetti, Ugo La Pietra, Giorgio Griffa, Candida Höfer”.

Gabriele Landi: Ti sei occupato di Pino Pascali, come e quando nasce l’interesse per la sua opera?

Marco Tonelli: “Leggendo nel 1997, quasi per caso, il libro Vita eroica di Pino Pascali di Vittorio Rubiu. Nasce tutto da lì e dal 2010 a oggi Pascali continua a essere uno dei miei interessi più approfonditi e appassionanti (dopo una monografia, il primo e unico catalogo generale delle sculture e varie presentazioni di mostre). Tra l’altro da poco sono stato nominato membro del Comitato scientifico della Fondazione Museo Pascali di Polignano a Mare”

Gabriele Landi: Oltre agli artisti storici ti sei interessato anche al lavoro dei giovani in che modo e con che ottica?

Marco Tonelli: “Inizialmente seguendo i miei coetanei, secondo l’ottica dei “compagni di strada” (Matteo Montani, Paolo Picozza, Luca Padroni, Giuseppe Stampone): oggi l’essere compagni di strada è ormai fuori moda perché bisogna essere piuttosto figli e compagni di partito o di salotto o di capitali. Poi ho seguito con attenzione alcuni più giovani di me come Christian Breed, Mehran Eliminia, Paolo Cavinato, Emmanuele De Ruvo, Chiara Sorgato. L’ottica è della condivisine di valori sull’opera non di meccanismi e opportunismi dietro di essa”.

Gabriele Landi: Quali progetti importanti ricordi di aver realizzato con questi artisti?

Marco Tonelli: Senza dubbio la prima mostre personale di Stampone (all’epoca uno sconosciuto) in uno spazio pubblico quale la Galleria Civica di Teramo e la collettiva Pittori al Muro (oltre a Montani, Picozza e Padroni anche Di Silvestre e Bragantini) presso l’Attico di Fabio Sargentini di giovani pittori romani”

Gabriele Landi: Il rapporto con Sargentini è nato in seguito all’interesse per Pascali?

Marco Tonelli: “No, è nato proprio in occasione della mostra Pittori al muro, un progetto di cui aveva sentito parlare e che lo incuriosì (si collegava al suo Arte in cornice del 1985 e alla sua idea di una possibilità di una nuova scuola romana di giovani pittori). Da quell’incontro poi mi fu possibile entrare nel mondo di Pascali con un avallo e un sostegno autorevole come il suo alle spalle”

Gabriele Landi: Questa idea di Sargentini di una terza generazione di artisti accomunati sotto il nome di scuola romana ha avuto un suo seguito, ha realizzato altri progetti con lui?

Marco Tonelli: “Diciamo che da quella mostra del 2006 sono scaturite presso L’Attico le due personali di Montani (a mia cura) e quella di Picozza (a cura di Bonito Oliva). Ma l’idea di un gruppo generazionale di pittori romani non è proseguita (sia per la morte di Picozza pochi anni dopo che per la difficoltà di far coesistere diverse personalità).

Però con Sargentini sono scaturiti altri progetti, tra cui la mostra Spore atomi e stelle (Mark Francis, Di Fabio e Montani), la presentazione e il viaggio dei Bachi da setola di Pascali dall’Attico a Polignano a Mare, la mostra delle sue opere di Di Stasio a Palazzo Collicola nel 2021, oltre ovviamente al Catalogo generale delle sculture di Pascali con l’editore De Luca nel 2011”.

Gabriele Landi: Quale approccio segui nell’avvicinarti al lavoro di un’artista?

Marco Tonelli: “Ormai caratteriale. Cioè non basta l’interesse per l’opera come era una volta, ma anche per le possibilità di “sopportazione” (lo uso in senso ironico) e dialogo costruttivo. Con artisti molto stimati come artisti ma che sono persone insopportabili (megalomani, ipercritici, astiosi) evito di lavorarci o dopo averlo fatto una volta non lo faccio mai più. Certo preminente rispetto al carattere è l’opera, ma visto che prediligo il rapporto di scambio mentale con l’artista, se questo non funziona a livello psicologico meglio rinunciare. Che poi non significa che lavoro sempre con artisti dal carattere ritenuto “facile” (penso ad Adsrubali o Cannavacciuolo), ma spesso ti rendi conto che non è il loro carattere ad essere difficile bensì la mediocrità del sistema che (ci) gira intorno”

Gabriele Landi: Che cosa pensi dell’approccio creativo che alcuni critici hanno nei confronti delle opere degli artisti con cui lavorano, fornendo così una lettura distorta del lavoro?

Marco Tonelli: “Ogni lettura critica è una distorsione più o meno creativa del lavoro dell’artista, di fronte al quale il silenzio sarebbe la cosa migliore. Ma poiché ho scelto la via della critica e non dell’arte, almeno provo a seguirne una che sia provocata dall’opera e non che la provochi. La questione è che solo la scrittura può essere creativa rispetto all’opera d’arte, ma se lo è, è opera essa stessa e non più critica. I critici con uno spiccato approccio creativo che rimangono critici sono solo “imbonitori” seriali. Taccio dei curatori inventori di mostre collettive dai titoli affascinanti. Di per sé anche la mostra collettiva è una forma di sopruso critico”

Gabriele Landi: Questo che dici delle collettive è interessante ma quando nasce da un accordo fra artisti dettato da un legame profondo un dialogo intimo… come la vedi?

Marco Tonelli: “Il caso qui è diverso, ad esempio se si tratta di una collettiva di un gruppo di artisti che condividono luoghi di lavoro, frequentazioni, città, materiali specifici o che si osservano l’un l’altro. Penso ad esempio ai progetti che ho curato nel corso degli anni con gli artisti di Via Varco (Lucio e Peppe Perone, Perino e Vele, Manzo e Giliberti), a quello di Materia prima legato alla scultura ceramica italiana con Leoncillo, Spagnulo, Mainolfi, Cerone, Ducrot. Le insalate miste alla Italics o a quelle da Warhol a Hirst ad esempio hanno poco senso, anche quando si tratta della provenienza da una stessa collezione, nel qual caso mostri più il potere di acquisto o il gusto del collezionista che i valori degli artisti”

Gabriele Landi: Hai avuto diversi ruoli istituzionali come è cambiato, se cambiamento c’è stato alla luce di questi ruoli, il tuo modo di rapportarti all’arte contemporanea?

Marco Tonelli: “Responsabile segreteria organizzativa mostre Quadriennale di Roma, Assessore alla Cultura di Mantova, Direzione artistica della Fondazione Museo Montelupo Fiorentino e infine di Palazzo Collicola a Spoleto.

L’atteggiamento è sempre stato lo stesso, soltanto via via più consapevole e maturo, sono le modalità culturali esterne che sono cambiate, e non sempre in meglio direi.”

Gabriele Landi: La tua modalità di gestione prevede la collaborazione con altri colleghi?

Marco Tonelli: “Diciamo che i progetti spesso sono stimolati da confronti e incontri con altri, ma poi l’ideazione vera e propria e la realizzazione spesso è fatta da soli. Però devo dire che negli ultimi anni, al di là di collaborazioni meno recenti con Giovanni Carandente e Bruno Corà, ho realizzato alcuni progetti con colleghi critici come Alberto Fiz o giovani curatori come Lorenzo Fiorucci e Davide Silvioli”

Gabriele Landi: Con Carandente a che progetti hai lavorato?

Marco Tonelli: “Alla mostra Pascali-Leoncillo: un confronto nel 2008 a Palazzo Collicola, e poi all’antologica di Maurizio Mochetti sempre a Palazzo Collicola nel 2009. Oltre a collaborazioni al catalogo della collezione della Galleria Civica d’Arte Moderna di Spoleto e poi, per certi versi, in senso di legacy, alla continuazione della sua memoria attraverso il rifacimento dell’allestimento della GAM di Spoleto e alla edizione dei libri del suo Centenario, in cui ho sempre sentito la sua figura al mio fianco”.

Gabriele Landi: Il fatto di dirigere oggi Palazzo Collicola museo che custodisce la sua eredità ha per te un senso speciale?

Marco Tonelli: “Non lo dirigo più dal febbraio di questo anno. Mandato finito e l’Amministrazione, illuminata, ha deciso di affidare tutto a un giovane senza alcuna esperienza museale, e che forse di Carandente sa poco o niente. Ma il più era stato fatto a Spoleto, oltre per me non aveva senso continuare. E del resto l’unico motivo che mi aveva fatto accettare quell’incarico nel 2019 non era certo il magro compenso o la mancanza di budget del museo, ma il filo che mi legava a Carandente che era stato il fondatore e primo direttore del museo e che aveva donato la sua collezione all’istituzione”

Gabriele Landi: Con Bruno Corà quando hai iniziato a collaborare?

Marco Tonelli: “L’ho conosciuto avendo scritto un testo per un catalogo di Vittorio Messina, a cui lui aveva partecipato. Poi da lì aveva pubblicato un mio saggio su Bill Viola nella rivista da lui diretta, MOZART, nel 2016. Dopo i rapporti si sono sviluppati passo passo (grazie ai suoi auspici ho pubblicato con la Fondazione di Palazzo Albizzini un libro sulla scultura di Burri nel 2020)”.

Gabriele Landi: Con Fiorucci e con Silvioli come è nata la collaborazione?

Marco Tonelli: “Fiorucci lo avevo chiamato a collaborare al progetto Materia prima presso Montelupo Fiorentino, essendo lui già allora, e oggi ancor più, uno dei critici e curatori più sensibili e aggiornati sulla scultura moderna e contemporanea in ceramica in Italia. L’esperienza fatta insieme con la costituzione del Comitato Nazionale di Giovanni Carandente e con le attività di Palazzo Collicola (dove è stato inserito nell’organico del museo come Responsabile progetti scientifici) è stata determinante per entrambi. Silvioli l’ho conosciuto direttamente a Spoleto e anche lì è stato determinante come collaboratore e Assistente alla curatela a Palazzo Collicola

Gabriele Landi: Come costruisci un’esposizione?

Marco Tonelli: “Non la costruisco, lascio che si faccia da sola, se no diventa un progetto a tavolino, cosa possibile con un libro, un saggio, ma non con una mostra, soprattutto se di artisti contemporanei, che nasce sempre anche con loro direttamente. Con le loro disponibilità, con i mezzi a disposizione, secondo gli spazi. La mostra è sempre costretta, si adegua alle circostanze, però tutto nasce da un’ispirazione, che è quella che conta realmente”

Gabriele Landi: Che cosa è secondo te la bellezza e che ruolo gioca nella contemporaneità?

Marco Tonelli: “Parlare di bellezza oggi in arte sembra poco proficuo se lo facciamo secondo canoni antiquati, quindi vorrei prendere in prestito il concetto di bellezza espresso da un fisico come Steven Weinberg: la «bellezza di una struttura perfetta è quella in cui la “rigidità logica” tiene insieme tutte le parti». Oppure da Paul Dirac per cui la bellezza è la “necessità, l’inevitabilità e appunto la semplicità di una formula o di una teoria”. Oggi possiamo dire bella un’opera d’arte non perché rappresenti qualcosa di bello in sé, ma se ha la sua necessità nella sua forma e materia. Senza giustificazione sarebbe un’opera inutile, accessoria e quindi non bella”.

Gabriele Landi: Su cosa stai lavorando attualmente?

Marco Tonelli: A una importante pubblicazione su Pino Pascali e a una innovativa monografia su Maurizio Mochetti, mentre a luglio uscirà una monografia su Paola Pezzi e a fine agosto curerò una mostra antologica di Ugo La Pietra.

Marco Tonelli (Roma, 1971).

È stato Direttore artistico della Galleria d’Arte Moderna  e di Palazzo Collicola a Spoleto dal 2019 al 2023, Direttore artistico della Fondazione Museo Montelupo dal 2015 al 2017 e Assessore alla Cultura del Comune di Mantova dal 2013 al 2014. Attualmente è Segretario del “Comitato Nazionale per le Celebrazioni del Centenario della nascita di Giovanni Carandente“ e Membro del Comitato Scientifico della Fondazione Pino Pascali di Polignano a Mare.

Dal 2021 è docente di ruolo in Storia dell’arte contemporanea presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia.

Tra le pubblicazioni principali: Giuseppe Penone. Disegni (2021); La scultura di Alberto Burri. Opera inversa (2020); LeoncilloPiccolo diario 1957-1964 (2018); Francis Bacon. Le atmosfere letterarie (2014); The Art Horror Picture Show. Dalla Transavanguardia alla Transfunzionalità (2011); Pino Pascali. Catalogo generale delle sculture 1964-1968 (2011); Pino Pascali: il libero gioco della scultura  (2010)

English text

Interview with Marco Tonelli

#paroladartista #interviewcritic #marcotonelli

Gabriele Landi: Hi Marco when was your interest in art born, tell us?

Marco Tonelli: “In the DNA! My grandfather Ugo (who died in 1957) was the founder of the photographic cabinet of the Institute of Art History in Rome in the late 1920s. Although I only discovered this by viewing family documents in 2013, including a condolence telegram from Cesare Brandi, with whom he had worked so much’. 

Gabriele Landi: But then it’s a false start… what was the encounter that made you realise that art was important to you?

Marco Tonelli: ‘The point is exactly this: the supposed fateful encounter never happened. It is a chasing after something that is behind us, before us, of which we have no memory…an encounter that took place, in the distant future so to speak. No specific episode has made me realise that art is important to me, as long as it really is’.

Gabriele Landi: What studies did you do and what were the important encounters you made during your training?

Marco Tonelli: “A degree in Art History, then a Postgraduate Diploma and finally a PhD, I would say a traditional and obligatory academic curriculum for those who want to do this profession.

The first important encounter during training

“Enrico Crispolti in the years of Specialisation and Doctorate and then the sculptor Mino Trafeli’.

Gabriele Landi: Did you work with Enrico Crispolti? What did you do together?

Marco Tonelli: “With Crispolti, beyond friendship and great esteem, I collaborated on various occasions, starting with the exhibition Dal Futurismo all’Astrattrattismo at the Fondazione Roma in 2000. Then in publications on Mino Trafeli, Valeriano Trubbiani and Sergio Vacchi in particular’.

Gabriele Landi: Following your studies, how did you direct your professional choices?

Marco Tonelli: “Following a piece of advice that Francesco Moschini had given me (the first person from the art world I spoke to at the end of high school): study a lot. Although it is never enough, of course, because in between there is curating, teaching, institutional relations. However, always doing what represented me, not what was convenient for me, and in doing so I also came to deal with historicised living artists such as Bill Viola, Giuseppe Penone, Fabrizio Plessi, Maurizio Mochetti, Ugo La Pietra, Giorgio Griffa and Candida Höfer”.

Gabriele Landi: You dealt with Pino Pascali, how and when did your interest in his work arise?

Marco Tonelli: “Reading the book Vita eroica di Pino Pascali by Vittorio Rubiu in 1997, almost by chance. It all started from there and from 2010 to today Pascali continues to be one of my most in-depth and passionate interests (after a monograph, the first and only general sculpture catalogue and various exhibition presentations). Among other things, I was recently appointed as a member of the Scientific Committee of the Pascali Museum Foundation in Polignano a Mare”.

Gabriele Landi: In addition to historical artists, you have also taken an interest in the work of young people in what way and with what perspective?

Marco Tonelli: “Initially by following my contemporaries, from the perspective of the ‘street companions’ (Matteo Montani, Paolo Picozza, Luca Padroni, Giuseppe Stampone): today, being a street companion is out of fashion because you have to be rather a son and daughter of a party or a salon or a capital. Then I followed with attention some younger than me like Christian Breed, Mehran Eliminia, Paolo Cavinato, Emmanuele De Ruvo, Chiara Sorgato. The point of view is the sharing of values on the work not the mechanisms and opportunism behind it’.

Gabriele Landi: What important projects do you remember realising with these artists?

Marco Tonelli: Undoubtedly the first solo exhibition of Stampone (who was unknown at the time) in a public space such as the Galleria Civica in Teramo, and the group exhibition Pittori al Muro (in addition to Montani, Picozza and Padroni, also Di Silvestre and Bragantini) at Fabio Sargentini’s Attic of young Roman painters”.

Gabriele Landi: Did your relationship with Sargentini arise following your interest in Pascali?

Marco Tonelli: “No, it was born on the occasion of the Pittori al muro (Painters on the Wall) exhibition, a project he had heard about and which intrigued him (it was connected to his Arte in cornice of 1985 and his idea of the possibility of a new Roman school of young painters). From that meeting I was then able to enter Pascali’s world with an endorsement and authoritative support like his behind me”.

Gabriele Landi: Did this idea of Sargentini’s of a third generation of artists united under the name of the Roman school have a following, did you realise other projects with him?

Marco Tonelli: “Let’s say that the two solo exhibitions of Montani (curated by me) and Picozza (curated by Bonito Oliva) at L’Attico in 2006 resulted from that exhibition. But the idea of a generational group of Roman painters did not continue (both because of Picozza’s death a few years later and because of the difficulty of making different personalities coexist).

However, with Sargentini, other projects have emerged, including the exhibition Spore atomi e stelle (Mark Francis, Di Fabio and Montani), the presentation and journey of Pascali’s Bachi da setola from the Attico to Polignano a Mare, the exhibition of his works by Di Stasio at Palazzo Collicola in 2021, and obviously the General Catalogue of Pascali’s sculptures with the publisher De Luca in 2011″.

Gabriele Landi: What approach do you follow when approaching an artist’s work?

Marco Tonelli: “Characteristically. That is, interest in the work is not enough, as it used to be, but also the possibility of ‘endurance’ (I use this in an ironic sense) and constructive dialogue. With artists who are highly esteemed as artists but who are insufferable people (megalomaniacs, hypercritical, abstemious) I avoid working with them or after having done it once, I never do it again. Of course preeminent over character is the work, but since I prefer the mental exchange relationship with the artist, if this does not work on a psychological level it is better to give up. Which is not to say that I always work with artists whose character is considered ‘easy’ (I am thinking of Adsrubali or Cannavacciuolo), but you often realise that it is not their character that is difficult but the mediocrity of the system that (revolves) around them”.

Gabriele Landi: What do you think of the creative approach that some critics have towards the works of the artists they work with, thus providing a distorted reading of the work?

Marco Tonelli: “Every critical reading is a more or less creative distortion of the artist’s work, in the face of which silence would be the best thing. But since I have chosen the path of criticism and not art, at least I try to follow one that is provoked by the work and not provokes it. The issue is that only writing can be creative with respect to the work of art, but if it is, it is work itself and no longer criticism. Critics with a creative approach who remain critics are only serial ‘barkers’. I am silent about curators who invent group exhibitions with fascinating titles. In itself, the group exhibition is also a form of critical abuse”.

Gabriele Landi: What you say about group shows is interesting, but when it stems from an agreement between artists dictated by a deep bond, an intimate dialogue… how do you see it?

Marco Tonelli: “The case here is different, for example if it is a collective of a group of artists who share workplaces, acquaintances, cities, specific materials or who observe each other. I am thinking, for example, of the projects I have curated over the years with the artists of Via Varco (Lucio and Peppe Perone, Perino and Vele, Manzo and Giliberti), and the Materia prima linked to Italian ceramic sculpture with Leoncillo, Spagnulo, Mainolfi, Cerone and Ducrot. Mixed salads à la Italics or those from Warhol to Hirst for example make little sense, even when they come from the same collection, in which case they show more the purchasing power or taste of the collector than the values of the artists”.

Gabriele Landi: You have had several institutional roles, how has your way of relating to contemporary art changed, if at all, in the light of these roles?

Marco Tonelli: “Responsible for the organisational secretariat of the Quadriennale exhibitions in Rome, Councillor for Culture in Mantua, Artistic Director of the Montelupo Fiorentino Museum Foundation and finally of Palazzo Collicola in Spoleto.

The attitude has always been the same, only gradually more aware and mature, it is the external cultural modes that have changed, and not always for the better I would say.”

Gabriele Landi: Does your management method involve collaboration with other colleagues?

Marco Tonelli: “Let’s say that projects are often stimulated by comparisons and meetings with others, but then the actual conception and realisation is often done alone. But I must say that in recent years, apart from less recent collaborations with Giovanni Carandente and Bruno Corà, I have realised some projects with fellow critics such as Alberto Fiz or young curators such as Lorenzo Fiorucci and Davide Silvioli”.

Gabriele Landi: What projects have you worked on with Carandente?

Marco Tonelli: “At the exhibition Pascali-Leoncillo: un confronto in 2008 at Palazzo Collicola, and then at the anthological exhibition of Maurizio Mochetti, also at Palazzo Collicola in 2009. In addition to collaborating on the catalogue of the collection of the Galleria Civica d’Arte Moderna in Spoleto and then, in a sense of legacy, on the continuation of his memory through the redesigning of the layout of the GAM in Spoleto and the edition of the books for his centenary, in which I have always felt his figure at my side’.

Gabriele Landi: Does the fact that you are now directing Palazzo Collicola, a museum that preserves his legacy, have a special meaning for you?

Marco Tonelli: “I have not directed it since February of this year. The mandate ended and the administration, enlightened, decided to entrust everything to a young man with no museum experience, and who perhaps knows little or nothing about Carandente. But the most had been done in Spoleto, beyond that there was no point in continuing. And besides, the only reason I had for accepting that position in 2019 was certainly not the meagre remuneration or the museum’s lack of budget, but the thread that bound me to Carandente, who had been the museum’s founder and first director and who had donated his collection to the institution’.

Gabriele Landi: When did you start collaborating with Bruno Corà?

Marco Tonelli: “I got to know him having written a text for a Vittorio Messina catalogue, in which he had participated. Then from there he had published an essay of mine on Bill Viola in the magazine he edited, MOZART, in 2016. After that, relations developed step by step (thanks to his auspices, I published a book on Burri’s sculpture with the Palazzo Albizzini Foundation in 2020)’.

Gabriele Landi: With Fiorucci and with Silvioli, how did the collaboration start?

Marco Tonelli: “I had called Fiorucci to collaborate on the Materia prima project at Montelupo Fiorentino, as he was already then, and even more so today, one of the most sensitive and up-to-date critics and curators on modern and contemporary ceramic sculpture in Italy. Our experience together with the establishment of the National Committee of Giovanni arandente and with the activities at Palazzo Collicola (where he was included in the museum staff as Scientific Project Manager) was decisive for both of us. Silvioli I met directly in Spoleto and there too he was decisive as collaborator and curatorial assistant at Palazzo Collicola”.

Gabriele Landi: How do you build an exhibition?

Marco Tonelli: “I don’t build it, I let it take care of itself, otherwise it becomes a desk project, which is possible with a book, an essay, but not with an exhibition, especially one by contemporary artists, which always starts with them directly. With their availability, with the means at their disposal, according to the spaces. The exhibition is always constrained, it adapts to circumstances, but everything stems from an inspiration, which is what really counts”.

Gabriele Landi: What do you think beauty is and what role does it play in contemporary life?

Marco Tonelli: “Talking about beauty today in art seems unproductive if we do it according to antiquated canons, so I would like to borrow the concept of beauty expressed by a physicist like Steven Weinberg: the “beauty of a perfect structure is that in which “logical rigidity” holds all the parts together”. Or from Paul Dirac for whom beauty is the “necessity, inevitability and indeed simplicity of a formula or theory”. Today, we can call a work of art beautiful not because it represents something beautiful in itself, but if it has its necessity in its form and matter. Without justification it would be a useless work, accessory and therefore not beautiful’.

Gabriele Landi: What are you currently working on?

Marco Tonelli: A major publication on Pino Pascali and an innovative monograph on Maurizio Mochetti, while in July a monograph on Paola Pezzi will be published and at the end of August I will curate an anthological exhibition of Ugo La Pietra.

Marco Tonelli (Rome, 1971).

He was Artistic Director of the Galleria d’Arte Moderna and Palazzo Collicola in Spoleto from 2019 to 2023, Artistic Director of the Fondazione Museo Montelupo from 2015 to 2017, and Councillor for Culture of the Municipality of Mantua from 2013 to 2014. He is currently Secretary of the “Comitato Nazionale per le Celebrazioni del Centenario della nascita di Giovanni Carandente” and Member of the Scientific Committee of the Fondazione Pino Pascali in Polignano a Mare.

Since 2021 he has been a tenured lecturer in History of Contemporary Art at the Academy of Fine Arts in Venice.

texte en Français

Entretien avec Marco Tonelli

#paroladartista #interviewcritique #marcotonelli

Gabriele Landi : Bonjour Marco, quand est né ton intérêt pour l’art, raconte-nous ?

Marco Tonelli : “Dans l’ADN ! Mon grand-père Ugo (décédé en 1957) était le fondateur du cabinet photographique de l’Institut d’histoire de l’art de Rome à la fin des années 1920. Mais je ne l’ai découvert qu’en consultant des documents familiaux en 2013, notamment un télégramme de condoléances de Cesare Brandi, avec qui il avait tant travaillé”. 

Gabriele Landi : Mais c’est un faux départ… Quelle est la rencontre qui vous a fait comprendre que l’art était important pour vous ?

Marco Tonelli : “Le fait est que la rencontre fatidique supposée n’a jamais eu lieu. Il s’agit d’une poursuite de quelque chose qui est derrière nous, avant nous, dont nous n’avons aucun souvenir… une rencontre qui a eu lieu, dans un futur lointain pour ainsi dire. Aucun épisode particulier ne m’a fait comprendre que l’art est important pour moi, à condition qu’il le soit vraiment”.

Gabriele Landi : Quelles études avez-vous faites et quelles ont été les rencontres importantes que vous avez faites au cours de votre formation ?

Marco Tonelli : “Une licence en histoire de l’art, puis un diplôme de troisième cycle et enfin un doctorat, je dirais un cursus académique traditionnel et obligatoire pour ceux qui veulent faire ce métier.

La première rencontre importante pendant la formation

“Enrico Crispolti dans les années de spécialisation et de doctorat, puis le sculpteur Mino Trafeli.

Gabriele Landi : Avez-vous travaillé avec Enrico Crispolti ? Qu’avez-vous fait ensemble ?

Marco Tonelli : “Avec Crispolti, au-delà de l’amitié et de la grande estime, j’ai collaboré à diverses occasions, à commencer par l’exposition Dal Futurismo all’Astrattrattismo à la Fondazione Roma en 2000. Puis à des publications sur Mino Trafeli, Valeriano Trubbiani et Sergio Vacchi en particulier”.

Gabriele Landi : Après vos études, comment avez-vous orienté vos choix professionnels ?

Marco Tonelli : “En suivant un conseil que m’avait donné Francesco Moschini (la première personne du monde de l’art à qui j’ai parlé à la fin de mes études secondaires) : étudiez. beaucoup. Bien sûr, ce n’est jamais assez, car entre les deux, il y a la conservation, l’enseignement et les relations institutionnelles. Cependant, j’ai toujours fait ce qui me représentait, et non ce qui me convenait, et c’est ainsi que j’ai été amené à m’occuper d’artistes vivants historicisés tels que Bill Viola, Giuseppe Penone, Fabrizio Plessi, Maurizio Mochetti, Ugo La Pietra, Giorgio Griffa et Candida Höfer”.

Gabriele Landi : Vous avez traité avec Pino Pascali, comment et quand votre intérêt pour son travail s’est-il manifesté ?

Marco Tonelli : “J’ai lu le livre Vita eroica di Pino Pascali de Vittorio Rubiu en 1997, presque par hasard. Tout est parti de là et, de 2010 à aujourd’hui, Pascali continue d’être l’un de mes centres d’intérêt les plus approfondis et les plus passionnés (après une monographie, le premier et unique catalogue général sur la sculpture et diverses présentations d’expositions). Entre autres choses, j’ai récemment été nommé membre du comité scientifique de la Fondation du musée Pascali à Polignano a Mare”.

Gabriele Landi : Outre les artistes historiques, vous vous êtes également intéressé au travail des jeunes, de quelle manière et dans quelle perspective ?

Marco Tonelli : “D’abord en suivant mes contemporains, du point de vue des “compagnons de la rue” (Matteo Montani, Paolo Picozza, Luca Padroni, Giuseppe Stampone) : aujourd’hui, être un compagnon de la rue n’est plus à la mode parce qu’il faut plutôt être fils et fille d’une fête, d’un salon ou d’une capitale. J’ai ensuite suivi avec attention des personnes plus jeunes que moi comme Christian Breed, Mehran Eliminia, Paolo Cavinato, Emmanuele De Ruvo, Chiara Sorgato. Le point de vue est le partage de valeurs sur le travail et non les mécanismes et l’opportunisme qui se cachent derrière”.

Gabriele Landi : Quels projets importants vous souvenez-vous avoir réalisés avec ces artistes ?

Marco Tonelli : Sans aucun doute la première exposition individuelle de Stampone (qui était inconnu à l’époque) dans un espace public comme la Galleria Civica de Teramo, et l’exposition collective Pittori al Muro (en plus de Montani, Picozza et Padroni, Di Silvestre et Bragantini) à l’Attique des jeunes peintres romains de Fabio Sargentini”.

Gabriele Landi : Votre relation avec Sargentini est-elle née de votre intérêt pour Pascali ?

Marco Tonelli : “Non, c’est né à l’occasion de l’exposition Pittori al muro (Peintres au mur), un projet dont il avait entendu parler et qui l’intriguait (il était lié à son Arte in cornice de 1985 et à son idée de la possibilité d’une nouvelle école romaine de jeunes peintres). À partir de cette rencontre, j’ai pu entrer dans le monde de Pascali avec un soutien et une autorité comme la sienne”.

Gabriele Landi: Cette idée de Sargentini d’une troisième génération d’artistes réunis sous le nom d’école romaine a-t-elle fait son chemin, avez-vous réalisé d’autres projets avec lui ?

Marco Tonelli : “Disons que les deux expositions personnelles de Montani (sous ma direction) et de Picozza (sous la direction de Bonito Oliva) à l’Attico en 2006 ont découlé de cette exposition. Mais l’idée d’un groupe générationnel de peintres romains n’a pas été poursuivie (à la fois à cause de la mort de Picozza quelques années plus tard et de la difficulté de faire coexister des personnalités différentes).

Cependant, avec Sargentini, d’autres projets ont vu le jour, comme l’exposition Spore atomi e stelle (Mark Francis, Di Fabio et Montani), la présentation et le parcours des Bachi da setola de Pascali de l’Attique à Polignano a Mare, l’exposition de ses œuvres par Di Stasio au Palazzo Collicola en 2021, et bien sûr le Catalogue général des sculptures de Pascali avec l’éditeur De Luca en 2011″.

Gabriele Landi : Quelle approche suivez-vous lorsque vous abordez l’œuvre d’un artiste ?

Marco Tonelli : “De manière caractéristique. C’est-à-dire qu’il ne suffit pas de s’intéresser à l’œuvre, comme c’était le cas auparavant, mais qu’il faut aussi envisager la possibilité d’une “endurance” (j’utilise ce terme dans un sens ironique) et d’un dialogue constructif. Avec les artistes qui sont hautement estimés en tant qu’artistes mais qui sont des personnes insupportables (mégalomanes, hypercritiques, abstinents), j’évite de travailler avec eux ou, après l’avoir fait une fois, je ne le fais plus jamais. Bien sûr, l’œuvre prime sur le caractère, mais comme je préfère la relation d’échange mental avec l’artiste, si cela ne fonctionne pas sur le plan psychologique, il vaut mieux renoncer. Ce qui ne veut pas dire que je travaille toujours avec des artistes dont le caractère est considéré comme “facile” (je pense à Adsrubali ou Cannavacciuolo), mais on se rend souvent compte que ce n’est pas leur caractère qui est difficile, mais la médiocrité du système qui (tourne) autour d’eux”.

Gabriele Landi : Que pensez-vous de l’approche créative que certains critiques ont vis-à-vis des œuvres des artistes avec lesquels ils travaillent, ce qui donne une lecture déformée de l’œuvre ?

Marco Tonelli : “Chaque lecture critique est une distorsion plus ou moins créative de l’œuvre de l’artiste, face à laquelle le silence serait la meilleure chose à faire. Mais depuis que j’ai choisi la voie de la critique et non de l’art, du moins j’essaie d’en suivre une qui soit provoquée par l’œuvre et non qui la provoque. La question est que seule l’écriture peut être créative par rapport à l’œuvre d’art, mais si elle l’est, c’est l’œuvre elle-même et non plus la critique. Les critiques qui ont une approche créative et qui restent des critiques ne sont que des “aboyeurs” en série. Je ne parle pas des conservateurs qui inventent des expositions collectives aux titres fascinants. En soi, l’exposition de groupe est aussi une forme d’abus critique”.

Gabriele Landi : Ce que vous dites sur les expositions collectives est intéressant, mais lorsque cela découle d’un accord entre artistes dicté par un lien profond, un dialogue intime… comment le voyez-vous ?

Marco Tonelli : “Le cas est différent, par exemple s’il s’agit d’un collectif d’un groupe d’artistes qui partagent des lieux de travail, des connaissances, des villes, des matériaux spécifiques ou qui s’observent mutuellement. Je pense, par exemple, aux projets que j’ai menés au fil des ans avec les artistes de Via Varco (Lucio et Peppe Perone, Perino et Vele, Manzo et Giliberti), et à la Materia prima liée à la sculpture céramique italienne avec Leoncillo, Spagnulo, Mainolfi, Cerone et Ducrot. Les salades mixtes à la Italics ou celles de Warhol à Hirst par exemple n’ont guère de sens, même lorsqu’elles proviennent de la même collection, auquel cas elles témoignent plus du pouvoir d’achat ou du goût du collectionneur que des valeurs des artistes”.

Gabriele Landi : Vous avez exercé plusieurs fonctions institutionnelles. Comment votre rapport à l’art contemporain a-t-il changé, si tant est qu’il ait changé, à la lumière de ces fonctions ?

Marco Tonelli : “Responsable du secrétariat d’organisation des expositions de la Quadriennale à Rome, conseiller pour la culture à Mantoue, directeur artistique de la fondation du musée Montelupo Fiorentino et enfin du Palazzo Collicola à Spolète.

L’attitude a toujours été la même, mais elle est devenue progressivement plus consciente et plus mûre. Ce sont les modes culturels externes qui ont changé, et pas toujours pour le mieux, je dirais.

Gabriele Landi : Votre méthode de gestion implique-t-elle une collaboration avec d’autres collègues ?

Marco Tonelli: “Disons que les projets sont souvent stimulés par des comparaisons et des réunions avec d’autres, mais que la conception et la réalisation proprement dites se font souvent en solitaire. Mais je dois dire que ces dernières années, à part les collaborations moins récentes avec Giovanni Carandente et Bruno Corà, j’ai réalisé quelques projets avec des collègues critiques comme Alberto Fiz ou de jeunes conservateurs comme Lorenzo Fiorucci et Davide Silvioli”.

Gabriele Landi : Quels sont les projets sur lesquels vous avez travaillé avec Carandente ?

Marco Tonelli : “À l’exposition Pascali-Leoncillo : un confronto en 2008 au Palazzo Collicola, puis à l’exposition anthologique de Maurizio Mochetti, également au Palazzo Collicola en 2009. J’ai également collaboré au catalogue de la collection de la Galleria Civica d’Arte Moderna de Spoleto, puis, en guise d’héritage, à la perpétuation de sa mémoire à travers la refonte de l’aménagement de la GAM de Spoleto et l’édition des livres pour son centenaire, dans lesquels j’ai toujours senti sa figure à mes côtés”.

Gabriele Landi : Le fait que vous dirigiez aujourd’hui le Palazzo Collicola, un musée qui préserve son héritage, a-t-il une signification particulière pour vous ?

Marco Tonelli : “Je ne l’ai pas dirigé depuis février de cette année. Le mandat s’est achevé et l’administration, éclairée, a décidé de tout confier à un jeune homme sans expérience muséale et qui ne connaît peut-être pas ou peu Carandente. Mais le plus gros avait été fait à Spoleto, au-delà il n’y avait pas lieu de continuer. Et d’ailleurs, la seule raison qui m’a poussé à accepter ce poste en 2019 n’était certainement pas la maigre rémunération ou le manque de budget du musée, mais le fil qui me liait à Carandente, qui avait été le fondateur et le premier directeur du musée et qui avait fait don de sa collection à l’institution”.

Gabriele Landi : Quand avez-vous commencé à collaborer avec Bruno Corà ?

Marco Tonelli : “Je l’ai connu après avoir écrit un texte pour un catalogue de Vittorio Messina, auquel il avait participé. Ensuite, il a publié un de mes essais sur Bill Viola dans le magazine qu’il dirigeait, MOZART, en 2016. Après cela, les relations se sont développées pas à pas (grâce à ses auspices, j’ai publié un livre sur la sculpture de Burri avec la Fondation Palazzo Albizzini en 2020)”.

Gabriele Landi : Avec Fiorucci et Silvioli, comment la collaboration a-t-elle commencé ?

Marco Tonelli : “J’avais appelé Fiorucci pour collaborer au projet Materia prima à Montelupo Fiorentino, car il était déjà à l’époque, et encore plus aujourd’hui, l’un des critiques et conservateurs les plus sensibles et les plus à jour sur la sculpture céramique moderne et contemporaine en Italie. Notre expérience, ainsi que la création du Comité national de Giovanni Carandente et les activités du Palazzo Collicola (où il a fait partie du personnel du musée en tant que responsable du projet scientifique) ont été décisives pour nous deux. J’ai rencontré Silvioli directement à Spoleto et, là aussi, il a été décisif en tant que collaborateur et assistant du conservateur au Palazzo Collicola”.

Gabriele Landi : Comment construisez-vous une exposition ?

Marco Tonelli : “Je ne la construis pas, je la laisse se faire d’elle-même, sinon elle devient un projet de bureau, ce qui est possible avec un livre, un essai, mais pas avec une exposition, en particulier une exposition d’artistes contemporains, qui commence toujours avec eux directement. Avec leur disponibilité, avec les moyens dont ils disposent, en fonction des espaces. L’exposition est toujours contrainte, elle s’adapte aux circonstances, mais tout part d’une inspiration, et c’est ce qui compte”.

Gabriele Landi : Selon vous, qu’est-ce que la beauté et quel rôle joue-t-elle dans la vie contemporaine ?

Marco Tonelli : “Parler de beauté aujourd’hui dans l’art semble improductif si nous le faisons selon des canons désuets. J’aimerais donc emprunter le concept de beauté exprimé par un physicien comme Steven Weinberg : la “beauté d’une structure parfaite est celle dans laquelle la “rigidité logique” maintient toutes les parties ensemble”. Ou encore à Paul Dirac pour qui la beauté est “la nécessité, l’inévitabilité et même la simplicité d’une formule ou d’une théorie”. Aujourd’hui, on peut dire d’une œuvre d’art qu’elle est belle non pas parce qu’elle représente quelque chose de beau en soi, mais si elle a sa nécessité dans sa forme et sa matière. Sans justification, il s’agirait d’une œuvre inutile, accessoire et donc pas belle”.

Gabriele Landi : Sur quoi travaillez-vous actuellement ?

Marco Tonelli : Une importante publication sur Pino Pascali et une monographie novatrice sur Maurizio Mochetti. En juillet, une monographie sur Paola Pezzi sera publiée et, à la fin du mois d’août, je serai le commissaire d’une exposition anthologique sur Ugo La Pietra.

Marco Tonelli (Rome, 1971).

Il a été directeur artistique de la Galleria d’Arte Moderna et du Palazzo Collicola à Spolète de 2019 à 2023, directeur artistique de la Fondazione Museo Montelupo de 2015 à 2017 et conseiller pour la culture de la municipalité de Mantoue de 2013 à 2014. Il est actuellement secrétaire du “Comitato Nazionale per le Celebrazioni del Centenario della nascita di Giovanni Carandente” et membre du comité scientifique de la Fondazione Pino Pascali à Polignano a Mare.

Depuis 2021, il est professeur permanent d’histoire de l’art contemporain à l’Académie des beaux-arts de Venise.

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Interview met Marco Tonelli

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Gabriele Landi: Hallo Marco, wann wurde dein Interesse an der Kunst geweckt, erzähl uns davon.

Marco Tonelli: “In der DNA! Mein Großvater Ugo (der 1957 starb) war der Gründer des Fotokabinetts des Instituts für Kunstgeschichte in Rom in den späten 1920er Jahren. Das habe ich allerdings erst 2013 durch die Sichtung von Familiendokumenten herausgefunden, darunter ein Beileidstelegramm von Cesare Brandi, mit dem er so viel zusammengearbeitet hatte”. 

Gabriele Landi: Aber dann ist es ein Fehlstart… was war die Begegnung, die Ihnen bewusst gemacht hat, dass Kunst für Sie wichtig ist?

Marco Tonelli: “Der Punkt ist genau der: Die vermeintlich schicksalhafte Begegnung hat nie stattgefunden. Es ist eine Jagd nach etwas, das hinter uns liegt, vor uns liegt, an das wir keine Erinnerung haben… eine Begegnung, die sozusagen in ferner Zukunft stattgefunden hat. Keine bestimmte Episode hat mich erkennen lassen, dass Kunst für mich wichtig ist, solange sie es wirklich ist.

Gabriele Landi: Welches Studium haben Sie absolviert und welche wichtigen Begegnungen haben Sie während Ihrer Ausbildung gemacht?

Marco Tonelli: “Ein Studium der Kunstgeschichte, dann ein Postgraduierten-Diplom und schließlich ein Doktorat, ich würde sagen, ein traditionelles und obligatorisches akademisches Curriculum für diejenigen, die diesen Beruf ausüben wollen.

Die erste wichtige Begegnung während der Ausbildung

Enrico Crispolti in den Jahren der Spezialisierung und des Doktorats und dann der Bildhauer Mino Trafeli”.

Gabriele Landi: Haben Sie mit Enrico Crispolti zusammengearbeitet? Was haben Sie zusammen gemacht?

Marco Tonelli: “Mit Crispolti habe ich, abgesehen von Freundschaft und großer Wertschätzung, bei verschiedenen Gelegenheiten zusammengearbeitet, angefangen mit der Ausstellung Dal Futurismo all’Astrattrattismo in der Fondazione Roma im Jahr 2000. Dann bei Veröffentlichungen über Mino Trafeli, Valeriano Trubbiani und insbesondere Sergio Vacchi”.

Gabriele Landi: Wie haben Sie nach Ihrem Studium Ihre beruflichen Entscheidungen getroffen?

Marco Tonelli: “Ich folgte einem Ratschlag, den mir Francesco Moschini gegeben hatte (die erste Person aus der Kunstwelt, mit der ich am Ende des Gymnasiums gesprochen hatte): studieren eine Menge. Obwohl es natürlich nie genug ist, denn dazwischen gibt es das Kuratieren, das Lehren und die institutionellen Beziehungen. Aber ich habe immer das gemacht, was mich repräsentiert hat, und nicht das, was für mich bequem war, und dabei habe ich mich auch mit lebenden Künstlern aus der Vergangenheit beschäftigt, wie Bill Viola, Giuseppe Penone, Fabrizio Plessi, Maurizio Mochetti, Ugo La Pietra, Giorgio Griffa und Candida Höfer”.

Gabriele Landi: Sie haben sich mit Pino Pascali beschäftigt, wie und wann ist Ihr Interesse an seinem Werk entstanden?

Marco Tonelli: “Durch die Lektüre des Buches Vita eroica di Pino Pascali von Vittorio Rubiu im Jahr 1997, fast durch Zufall. Von da an ging es los und seit 2010 bis heute ist Pascali eines meiner intensivsten und leidenschaftlichsten Interessen (nach einer Monografie, dem ersten und einzigen allgemeinen Skulpturenkatalog und verschiedenen Ausstellungspräsentationen). Unter anderem wurde ich kürzlich zum Mitglied des wissenschaftlichen Ausschusses der Stiftung des Pascali-Museums in Polignano a Mare” ernannt.

Gabriele Landi: Neben den historischen Künstlern haben Sie sich auch für die Werke junger Menschen interessiert, auf welche Weise und mit welcher Perspektive?

Marco Tonelli: “Zunächst verfolgte ich meine Zeitgenossen aus der Perspektive der ‘Straßenbegleiter’ (Matteo Montani, Paolo Picozza, Luca Padroni, Giuseppe Stampone): Straßenbegleiter zu sein ist heute aus der Mode gekommen, denn man muss eher Sohn und Tochter einer Partei oder eines Salons oder einer Hauptstadt sein. Dann verfolgte ich mit Aufmerksamkeit einige jüngere als mich, wie Christian Breed, Mehran Eliminia, Paolo Cavinato, Emmanuele De Ruvo, Chiara Sorgato. Es geht um den Austausch von Werten über die Arbeit und nicht um die Mechanismen und den Opportunismus dahinter.

Gabriele Landi: An welche wichtigen Projekte, die Sie mit diesen Künstlern realisiert haben, erinnern Sie sich?

Marco Tonelli: Zweifellos die erste Einzelausstellung von Stampone (der damals noch unbekannt war) in einem öffentlichen Raum wie der Galleria Civica in Teramo und die Gruppenausstellung Pittori al Muro (neben Montani, Picozza und Padroni auch Di Silvestre und Bragantini) in Fabio Sargentini’s Attic of young Roman painters”.

Gabriele Landi: Entstand Ihre Beziehung zu Sargentini durch Ihr Interesse an Pascali?

Marco Tonelli: “Nein, es entstand anlässlich der Ausstellung Pittori al muro (Maler an der Wand), einem Projekt, von dem er gehört hatte und das ihn faszinierte (es stand im Zusammenhang mit seiner Arte in cornice von 1985 und seiner Idee von der Möglichkeit einer neuen römischen Schule junger Maler). Von diesem Treffen an konnte ich in die Welt von Pascali eintreten, mit einer Bestätigung und maßgeblichen Unterstützung wie der seinen im Rücken”.

Gabriele Landi: Hat diese Idee Sargentinis von einer dritten Generation von Künstlern, die unter dem Namen der römischen Schule vereint sind, Anklang gefunden, haben Sie weitere Projekte mit ihm realisiert?

Marco Tonelli: “Sagen wir, die beiden Einzelausstellungen von Montani (kuratiert von mir) und Picozza (kuratiert von Bonito Oliva) im L’Attico im Jahr 2006 sind aus dieser Ausstellung hervorgegangen. Aber die Idee einer Generationengruppe römischer Maler wurde nicht weiterverfolgt (sowohl wegen des Todes von Picozza einige Jahre später als auch wegen der Schwierigkeit, verschiedene Persönlichkeiten nebeneinander bestehen zu lassen).

Mit Sargentini sind jedoch andere Projekte entstanden, darunter die Ausstellung Spore atomi e stelle (Mark Francis, Di Fabio und Montani), die Präsentation und Reise der Bachi da setola von Pascali vom Attico nach Polignano a Mare, die Ausstellung seiner Werke durch Di Stasio im Palazzo Collicola im Jahr 2021 und natürlich der Gesamtkatalog der Skulpturen von Pascali mit dem Verlag De Luca im Jahr 2011″.

Gabriele Landi: Welchen Ansatz verfolgen Sie, wenn Sie sich einem Werk eines Künstlers nähern?

Marco Tonelli: “Ganz typisch. Das heißt, das Interesse am Werk reicht nicht aus, wie es früher der Fall war, sondern auch die Möglichkeit der ‘Ausdauer’ (ich verwende das in einem ironischen Sinne) und des konstruktiven Dialogs. Mit Künstlern, die als Künstler hoch geschätzt werden, aber unausstehliche Menschen sind (größenwahnsinnig, überkritisch, enthaltsam), vermeide ich die Zusammenarbeit, oder ich mache sie nie wieder, nachdem ich sie einmal gemacht habe. Natürlich hat die Arbeit Vorrang vor dem Charakter, aber da ich die geistige Austauschbeziehung mit dem Künstler vorziehe, ist es besser, aufzugeben, wenn es auf psychologischer Ebene nicht funktioniert. Das soll nicht heißen, dass ich immer mit Künstlern arbeite, deren Charakter als ‘leicht’ gilt (ich denke da an Adsrubali oder Cannavacciuolo), aber man stellt oft fest, dass nicht ihr Charakter schwierig ist, sondern die Mittelmäßigkeit des Systems, das sie umgibt”.

Gabriele Landi: Was halten Sie von der kreativen Herangehensweise mancher Kritiker an die Werke der Künstler, mit denen sie arbeiten, und der damit verbundenen verzerrten Lesart des Werks?

Marco Tonelli: “Jede kritische Lesart ist eine mehr oder weniger kreative Verzerrung des Werks des Künstlers, angesichts derer Schweigen das Beste wäre. Aber da ich den Weg gewählt habe der Kritik und nicht der Kunst, zumindest versuche ich, einer zu folgen, die durch das Werk provoziert wird und es nicht provoziert. Das Problem ist, dass nur das Schreiben in Bezug auf das Kunstwerk kreativ sein kann, aber wenn es das ist, ist es das Werk selbst und keine Kritik mehr. Kritiker mit einem kreativen Ansatz, die Kritiker bleiben, sind nur serielle ‘Kläffer’. Ich schweige über Kuratoren, die Gruppenausstellungen mit faszinierenden Titeln erfinden. Die Gruppenausstellung an sich ist auch eine Form des kritischen Missbrauchs”.

Gabriele Landi: Was Sie über Gruppenausstellungen sagen, ist interessant, aber wenn sie aus einer Vereinbarung zwischen Künstlern hervorgehen, die von einer tiefen Verbundenheit, einem intimen Dialog diktiert wird… wie sehen Sie das?

Marco Tonelli: “Das ist ein anderer Fall, zum Beispiel wenn es sich um ein Kollektiv aus einer Gruppe von Künstlern handelt, die einen gemeinsamen Arbeitsplatz, eine gemeinsame Bekanntschaft, eine gemeinsame Stadt, ein gemeinsames Material haben oder sich gegenseitig beobachten. Ich denke da zum Beispiel an die Projekte, die ich im Laufe der Jahre mit den Künstlern der Via Varco (Lucio und Peppe Perone, Perino und Vele, Manzo und Giliberti) kuratiert habe, oder an die Materia prima, die mit der italienischen Keramikskulptur mit Leoncillo, Spagnulo, Mainolfi, Cerone und Ducrot verbunden ist. Gemischte Salate à la Italiener oder solche von Warhol bis Hirst zum Beispiel machen wenig Sinn, selbst wenn sie aus der gleichen Sammlung stammen, denn in diesem Fall zeigen sie eher die Kaufkraft oder den Geschmack des Sammlers als die Werte der Künstler”.

Gabriele Landi: Sie haben verschiedene institutionelle Funktionen ausgeübt. Wie hat sich Ihr Verhältnis zur zeitgenössischen Kunst im Lichte dieser Funktionen verändert, wenn überhaupt?

Marco Tonelli: “Verantwortlich für das Organisationssekretariat der Quadriennale-Ausstellungen in Rom, Stadtrat für Kultur in Mantua, künstlerischer Leiter der Museumsstiftung Montelupo Fiorentino und schließlich des Palazzo Collicola in Spoleto.

Die Einstellung ist immer die gleiche geblieben, nur allmählich bewusster und reifer geworden, nur die äußeren kulturellen Bedingungen haben sich geändert, und nicht immer zum Besseren, würde ich sagen.”

Gabriele Landi: Beinhaltet Ihre Managementmethode die Zusammenarbeit mit anderen Kollegen?

Marco Tonelli: “Sagen wir, dass Projekte oft durch Vergleiche und Treffen mit anderen angeregt werden, aber die eigentliche Konzeption und Umsetzung erfolgt dann oft allein. Aber ich muss sagen, dass ich in den letzten Jahren, abgesehen von weniger aktuellen Kooperationen mit Giovanni Carandente und Bruno Corà habe ich einige Projekte mit Kritiker-Kollegen wie Alberto Fiz oder jungen Kuratoren wie Lorenzo Fiorucci und Davide Silvioli realisiert”.

Gabriele Landi: An welchen Projekten haben Sie mit Carandente gearbeitet?

Marco Tonelli: “Bei der Ausstellung Pascali-Leoncillo: un confronto im Jahr 2008 im Palazzo Collicola und dann bei der anthologischen Ausstellung von Maurizio Mochetti, ebenfalls im Palazzo Collicola im Jahr 2009. Außerdem habe ich am Katalog der Sammlung der Galleria Civica d’Arte Moderna in Spoleto mitgewirkt und dann, im Sinne eines Vermächtnisses, an der Fortführung seines Andenkens durch die Neugestaltung des Layouts der GAM in Spoleto und die Herausgabe der Bücher zu seinem hundertsten Geburtstag, bei denen ich seine Gestalt immer an meiner Seite gespürt habe”.

Gabriele Landi: Hat die Tatsache, dass Sie jetzt den Palazzo Collicola leiten, ein Museum, das sein Erbe bewahrt, eine besondere Bedeutung für Sie?

Marco Tonelli: “Ich habe es seit Februar dieses Jahres nicht mehr geleitet. Das Mandat endete und die Verwaltung beschloss, alles einem jungen Mann anzuvertrauen, der keine Museumserfahrung hat und vielleicht wenig oder gar nichts über Carandente weiß. Aber das meiste war in Spoleto getan worden, darüber hinaus hatte es keinen Sinn, weiterzumachen. Außerdem war der einzige Grund, warum ich die Stelle 2019 annahm, sicherlich nicht die magere Vergütung oder das fehlende Budget des Museums, sondern der Faden, der mich mit Carandente verband, der der Gründer und erste Direktor des Museums gewesen war und der der Institution seine Sammlung geschenkt hatte”.

Gabriele Landi: Wann haben Sie begonnen, mit Bruno Corà zusammenzuarbeiten?

Marco Tonelli: “Ich lernte ihn kennen, als ich einen Text für einen Katalog von Vittorio Messina schrieb, an dem er mitgewirkt hatte. Dann hat er 2016 einen Essay von mir über Bill Viola in der von ihm herausgegebenen Zeitschrift MOZART veröffentlicht. Danach haben sich die Beziehungen Schritt für Schritt weiterentwickelt (dank seiner Unterstützung habe ich 2020 ein Buch über die Skulpturen von Burri bei der Stiftung Palazzo Albizzini veröffentlicht)”.

Gabriele Landi: Wie begann die Zusammenarbeit mit Fiorucci und mit Silvioli?

Marco Tonelli: “Ich hatte Fiorucci gebeten, an dem Projekt Materia prima in Montelupo Fiorentino mitzuarbeiten, da er schon damals und erst recht heute einer der sensibelsten und aktuellsten Kritiker und Kuratoren für moderne und zeitgenössische Keramikskulpturen in Italien ist. Unsere Erfahrung zusammen mit der Gründung des Nationalen Komitees von Giovanni Carandente und mit den Aktivitäten im Palazzo Collicola (wo er als wissenschaftlicher Projektleiter in das Museumspersonal aufgenommen wurde) war für uns beide entscheidend. Silvioli lernte ich direkt in Spoleto kennen, und auch dort war er als Mitarbeiter und kuratorischer Assistent im Palazzo Collicola entscheidend”.

Gabriele Landi: Wie bauen Sie eine Ausstellung auf?

Marco Tonelli: “Ich baue sie nicht auf, ich lasse sie von selbst entstehen, sonst wird sie zu einem Schreibtischprojekt, was bei einem Buch, einem Essay möglich ist, aber nicht bei einer Ausstellung, vor allem nicht bei einer von zeitgenössischen Künstlern, die immer direkt bei ihnen beginnt. Mit ihrer Verfügbarkeit, mit den Mitteln, die ihnen zur Verfügung stehen, je nach den Räumen. Die Ausstellung ist immer begrenzt, sie passt sich den Umständen an, aber alles entspringt einer Inspiration, und das ist es, was wirklich zählt”.

Gabriele Landi: Was ist Ihrer Meinung nach Schönheit und welche Rolle spielt sie im heutigen Leben?

Marco Tonelli: “Wenn wir heute über Schönheit in der Kunst sprechen, scheint es unproduktiv zu sein, wenn wir es nach antiquierten Kanons tun, deshalb möchte ich mir den Begriff der Schönheit von einem Physiker wie Steven Weinberg ausleihen: “Die Schönheit einer perfekten Struktur ist die, in der die “logische Starrheit” alle Teile zusammenhält”. Oder von Paul Dirac, für den Schönheit die “Notwendigkeit, Unvermeidbarkeit und tatsächlich Einfachheit einer Formel oder Theorie” ist. Heute können wir ein Kunstwerk nicht deshalb schön nennen, weil es etwas Schönes an sich darstellt, sondern wenn es seine Notwendigkeit in seiner Form und Materie hat. Ohne Rechtfertigung wäre es ein nutzloses Werk, nebensächlich und daher nicht schön”.

Gabriele Landi: Woran arbeiten Sie derzeit?

Marco Tonelli: An einer großen Publikation über Pino Pascali und einer innovativen Monografie über Maurizio Mochetti, während im Juli eine Monografie über Paola Pezzi erscheinen wird und ich Ende August eine anthologische Ausstellung über Ugo La Pietra kuratieren werde.

Marco Tonelli (Rom, 1971).

Er war von 2019 bis 2023 künstlerischer Leiter der Galleria d’Arte Moderna und des Palazzo Collicola in Spoleto, von 2015 bis 2017 künstlerischer Leiter der Fondazione Museo Montelupo und von 2013 bis 2014 Kulturstadtrat der Gemeinde Mantua. Derzeit ist er Sekretär des “Comitato Nazionale per le Celebrazioni del Centenario della nascita di Giovanni Carandente” und Mitglied des wissenschaftlichen Ausschusses der Fondazione Pino Pascali in Polignano a Mare.

Seit 2021 ist er Lehrbeauftragter für Geschichte der zeitgenössischen Kunst an der Akademie der Schönen Künste in Venedig.