Punti di vista sul sacro Francesco De Grandi

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Gabriele Landi: Alla mia domanda Secondo te il tema del sacro ha ancora una sua importanza nell’arte di oggi e nel mondo in cui viviamo? Francesco De Grandi ha risposto con l’invio di due testi il primo Come Creatura è del 2015 e Trisma che ripubblico qui di seguito come la sua risposta alla mia indagine.

Francesco De Grandi: Come Creatura  Rudolf Otto nel 1917 scrive un testo fondamentale per la filosofia della religione, il titolo è: “Il sacro.  L’irrazionale nell’idea del divino e la sua relazione col razionale”. Nella sua analisi di quel movimento  irrazionale che preannuncia l’irrompere del Numinoso e la rivelazione dell’alterità con la conseguente genesi  del Sacro, individua un punto nell’evoluzione dell’uomo che egli definisce la nascita del sentimento  Creaturale, cioè quel momento in cui nella mente dell’uomo si forma la consapevolezza di non essere altro  che “terra e cenere”, cioè di non avere nessuna possibilità di determinarsi volontariamente in vita e morte.  Nello sgomento e nella terribilità di questa consapevolezza nasce l’idea di essere entità create e agite da una  volontà superiore: l’idea di Dio si manifesta nell’uomo. 

Ma cosa è veramente successo in quel momento? 

Nella storia dell’uomo esiste una narrazione che parla delle origini, di come il mondo è stato creato, dei  primi uomini che lo abitarono e parla di una Pianta Sacra, di un albero interdetto, che contiene la conoscenza  del bene e del male. Questa informazione si tramanda dalla notte dei tempi, come tradizione orale, scritta nei  libri Sacri, emerge nelle leggende dei popoli che hanno abitato la terra attorno alla penisola Mediorientale e  la sua eco si estende fino al subcontinente Indiano, per riemergere in forme simili persino nei paesi  scandinavi, nelle Americhe precolombiane, caratterizzando il rapporto tra l’uomo e la sapienza contenuta  nella natura, individuando in una Pianta, Sacra, segreta e potentissima, il segreto dell’immortalità e della  dannazione. 

Cosa hanno mangiato Adamo ed Eva? Che reali conseguenze ha portato ai primi esseri umani sulla terra  l’assunzione di quella pianta segreta? Hanno forse espanso la loro coscienza ad un punto tale da poter  pensare l’esistenza di Dio? 

Questo è per me un punto cruciale che accomuna le principali religioni della terra. Forse come molti  Etnobotanici pensano, in realtà quella prima donna raccoglitrice ha incontrato una delle tante Piante  Psicoattive che crescono spontaneamente sulla terra, un Enteogeno – neologismo formato da !”#$%& (entheos)  e ‘$”()#*+ (genesthai), che letteralmente significa “che ha Dio al suo interno”, il termine è stato coniato nel  1979 da un gruppo di etnobotanici e studiosi di mitologia e religioni (Carl AP Ruck, Jeremy Bigwood,  Danny Staples, Richard Evans Schultes, Jonathan Ott e R. Gordon Wasson) – una pianta cioè capace di  generare l’idea di Dio. Questo pensiero mi agita profondamente, immaginare quel preciso momento  nell’evoluzione dell’uomo dove l’essere primordiale accede alla comprensione di quel “totalmente altro” che  è la chiave e l’origine della più profonda, terrificante e tormentata condizione che l’uomo abbia mai vissuto:  il rapporto con Dio e la conseguente nascita delle Religioni. Ciò che porta conforto a quella bruciante  questione che da allora fino ai giorni nostri continua a domandare, a sedurre, a consolare, a portarci verso i  territori dell’estasi o verso la pazzia, a produrre bellezza, amore e uguaglianza tra gli uomini o a generare  l’odio dell’intransigenza, della persecuzione e della potenza totalitaria. 

Il sentimento Creaturale ci accomuna e ci ricorda come tutti noi siamo uguali di fronte al grande terrore,  come creature tremanti che tentano disperatamente di dare una risposta alla rivelazione di una dimensione  trascendente alla nostra esistenza, di una presenza totalmente altra a noi stessi.  

“Come Creatura” è un grande quadro che cerca di sondare l’aspetto primordiale della visione della natura.  Un volo di drone su un Paradiso Terrestre non identificato, che appare tagliente come una visione lisergica,  simbolico come un Paesaggio di Böcklin.  

La dimensione ellittica della pittura, lo slittamento percettivo, la circolarità della memoria e del tempo  caratterizzano questo dipinto. Vediamo una natura familiare ma allo stesso tempo irriconoscibile, spaesante,  numinosa, terribile e maestosa come deve essere stata la natura agli occhi dell’uomo alle origini del tempo. Il momento in cui tutto ebbe inizio, quando due esseri infreddoliti e minuscoli alzano gli occhi al cospetto  della numinosa maestà della natura, e la coscienza dell’uomo inizia a dare la forma al mondo, nominandolo  per la prima volta, donandosi incondizionatamente alla volontà superiore del Padre confortati dal soffio del  Divino Amore: “Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del  cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse 

chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome” (Genesi, cap. 2 – vers. 19)  Sto cercando utopisticamente di riscrivere il momento in cui un Nutrimento Divino, una Pianta Sacra, ci ha  rivelato la confortante consapevolezza che esiste una dimensione dove tutto è Uno, un luogo dove regna la  pace e l’indifferenziazione, dove la luce rischiara le ombre, e dove tutte le domande hanno una risposta.  

Da questo inizio, la mostra si dipana come in un racconto. 

Visioni notturne della vita segreta di Eva intenta a incontrare il mistero nascosto tra le piante, quello che la  porterà ad essere la chiave di quella forza tutta umana che chiamiamo Sete di Conoscenza; come un Eremita  Eretico compio il cammino e lascio tavoli stracolmi di carte e appunti visivi, una raccolta di circa 100 disegni  che riguardano tutta la fase di studio e ragionamento, che conducono verso la grande opera composta da “Il  Trittico Delle Storie Di Gesù”, tre tele intensissime frutto del lavoro di questi ultimi anni: “L’entrata di Cristo  a Palermo”, “La Flagellazione” e “Compianto sul Cristo morto”, tre momenti cruciali di una delle storie più  potenti mai scritte sulla faccia della terra. 

In quest’opera, Bruegel il vecchio, Ensor, Guttuso dei funerali di Togliatti, Pasolini di Salò, l’ottocento  Napoletano dei Pitocchi laceri, pidocchiosi e affamati, avanzano in una marea inondante ai piedi del Sacro  Monte Pellegrino; e poi malfattori, vagabondi, imbonitori, scenari da fumetto d’autore anni Ottanta come  Bilal degli Umanoidi Associati, esiti visionari della migliore narrativa distopica da Dick fino a Houellebecq e  altre variazioni stilistiche navigano in totale deriva; una corte dei miracoli, una rivolta civile, la cacciata dei  demoni dal ventre putrefatto della città; nei vicoli di Ballarò Lanzichenecchi deformati come demoni  frustano un Cristo carponi come un cane randagio; e infine a Piazza Marina, in una visione siderale, uno  sparuto corteo funebre accompagna il corpo velato dell’eroe morto, in un lentissimo piano sequenza da  classico del western.  

Tutto è tenuto insieme da una coerenza che è prima di tutto pittorica, e tra tele, carte e disegni cerco di  riscrivere gli archetipi della pittura nella sua forma più viscerale, restituita in una lenta assimilazione di temi,  forme e tecniche, linguaggi stratificati nella memoria visiva e nell’esperienza dell’epifania pittorica, cercando  i momenti cruciali della visione quando l’opera, presente ed inequivocabile, si manifesta ai nostri occhi. 

TRISMA 

Cerco una Pittura onesta, che parli la mia lingua, il mio dialetto. Una lenta digestione della Pittura  Romantica, traviata dal Pop, drogata di Ketamina, fecondata dai Barbari… meditazioni su Misticismo e  Violenza, sul Sacrificio e sull’identificazione nel Corpo del Cristo. Pittura Anabattista, Apocrifa, Gnostica,  Eretica, Dimenticata, Monaca, Pasoliniana. Pittura non identificata come quella di Mathis Grünewald, Pittura  Post-Punk-Mistica come il teatro barbarico di Lindo Ferretti, Pittura Chansonnier come un album dei  Baustelle, Pittura Resistente come un saggio di John Berger, Pittura Ipertrofica come il cinema di Mel  Gibson, Pittura Outsider come quella di Manuel Ocampo, Pittura Primitiva come Fra’ Angelico, Pittura  Nobile come Balthus. Una Pittura Parafilìaca, il morboso catalogare di modi e tecniche. Per ogni quadro tutti  i quadri, in un infinito rimando di seduzione, immaginazione e amplesso. Un corpo a corpo che trova quiete e  tormento, contemplazione e voyerismo. Una pratica quasi pudica o meglio un’ossessione da praticare in  segreto con quel sottile stato di vergogna e trasgressione, con la consapevolezza di stare su un filo di rasoio  in una posizione pericolosa, a un passo dall’abisso. Pittura Francescana, nel totale rifiuto dell’artista  imprenditore, ricercando quel fondo di “Animità” necessaria, una spinta mistica, oscenamente ludica, a tratti  patologica, che mi sopravvive e che appartiene a una dimensione profonda e ancestrale dell’atto del  dipingere, quella cioè di essere mezzo di conoscenza, di trasmissione sciamanica e di rappresentazione della  divinità, Pittura rivelatrice dell’io profondo che odora di sangue e di sudore.  

Un infinito remoto, una Pittura che soffre e rantola imprecando il nome del Padre, una Pittura Brigantessa,  infetta come una Cagna morente. 

Professo un realismo forsennato, una natura rivelata. La Mela d’Oro.  

Cerco il Dio della selva, Pan che sopravvive tra piante anarchiche intorno ad un mega centro commerciale,  negli interstizi che il mondo urbano civilizzato lascia incolti, liberi e non cementati. Una Zona Pittorica  Temporaneamente Autonoma, un atto politico in cui il mio corpo non soggiace alle regole temporali del  potere e alla sua propaganda. 

E infine, nell’incerto navigare, nella Dottrina delle Tempeste, negli Annegati Pensando, immerso nel Poema  del Mare, vedo sorgere d’un tratto la sagoma della Nave dei Folli con il suo equipaggio insensato che invade  l’orizzonte, nella notte in cui la pittura si misurò con la furia degli elementi e mi ritrovo, Capitano Pazzo tra i  Fuochi di Sant’Elmo, forgiare col sangue l’acciaio dei miei arpioni.