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Gabriele Landi: Ciao Cesare, come mai dipingi?
Cesare Biratoni: Io ho sempre disegnato molto. Ho cominciato a dipingere molto più avanti; anni dopo la fine dell’accademia. Volevo rifare alcune cose che avevo visto nei miei dipinti preferiti, ….a volte un semplice abbinamento di colori. Mi è sempre piaciuto lavorare a partire da qualche immagine e la pittura, il dipingere in sé, è una delle cose che provo a fare, altre volte lavoro con il collage e con il disegno. La pittura mi attira e mi respinge allo stesso tempo perché per me è sempre come fosse un inizio; non so mai come andrà il dipinto o se riuscirò a finirlo. L’idea che da quella materia così viscosa si possa ottenere qualcosa di bello mi ha sempre affascinato.
Gabriele Landi: La figura é sempre stata centrale nel tuo lavoro?
Cesare Biratoni: Direi di sì, prima di pensare alla pittura ero convinto di voler diventare un disegnatore di fumetti; da lì credo arrivi la mia fascinazione per la figura: dall’invenzione e dallo studio dei personaggi. Ho anche disegnato molto la modella durante gli anni dell’accademia e ho cominciato a guardare alla pittura e ai pittori che mi piacevano soprattutto a partire dallo studio della figura. I miei primi dipinti ritraevano giovani adolescenti perché in quegli anni iniziavo a lavorare come educatore e la loro immagine per me era importante; erano i primi anni della connessione adsl e mi piaceva molto raccogliere le loro immagini e stamparle. Sono le stesse fotografie che più tardi ho cominciato a ritagliare per comporre i primi collage… insomma, in un certo modo è come se il mio lavoro avesse sempre ruotato intorno alla figura, al corpo, alla posa, alle persone e al loro contesto. Solo ultimamente ho iniziato a mettere in discussione la centralità della figura, nei lavori di raccolta di frammenti, nei miei cataloghi non ragionati per esempio….a volte si scorge qualche corpo, ma non più nella sua interezza; non con un ruolo così determinante.
Gabriele Landi: Che importanza attribuisci alla luce?
Cesare Biratoni: Gabriele, la tua è una domanda che tocca più aspetti del mio lavoro. Se intendi la luce nel senso della tonalità, allora mi rendo conto di non aver mai, o quasi, lavorato con colori scuri. E’ come se fosse una graduale e costante tensione verso il bianco del foglio o della tela. Ho spesso immaginato dei quadri bui, ….ma alla fine non sono mai riuscito a realizzarli. Il bianco ritorna sempre, e gradualmente si dispone sul lavoro fin quasi a cancellare il soggetto. La cancellazione per me rappresenta una scelta quanto e forse più rilevante dell’atto del tracciare, o del dipingere, o del lasciare un segno di qualche cosa con qualsiasi mezzo. un altro aspetto è quello legato al processo; mi piace molto lavorare con la luce del proiettore e credo che inconsciamente io mi sforzi di raggiungere, con la pittura, quel grado di pulizia e di chiarezza. La luce bianca del proiettore e il bianco di titanio (meno freddo e meno stabile dello zinco) del colore a olio, sono….mi pare, uno la conseguenza dell’altro.
Gabriele Landi: Quanto dici sulla cancellazione mi fa venir voglia di chiederti se esiste un grado di disperazione nel tuo lavoro ?
Cesare Biratoni: Disperazione in termini espressivi no…non ho mai avuto interesse a manifestare nessun tipo di emotività. E’ successo e succede spesso che ci si disperi un po’ nel tentare di fare qualcosa che non funziona e che continua a non funzionare nonostante il molto lavoro. Ma più che disperazione direi che c’è una quantità di cose non riuscite, di dipinti cancellati o sovradipinti moltissime volte, di continui ripensamenti. E’ come se si procedesse per tentativi, un po’ alla cieca. Da qui il senso anche del cancellare e anche la mia fascinazione per la luce bianca; in entrambe i casi l’immagine progressivamente tende a sbiadire.
Gabriele Landi: Rimane memoria sulla superficie dei tuoi dipinti delle stratificazioni precedenti? Si continua ad intravedere quello che c’è sotto?
Cesare Biratoni: in alcuni casi sì. Anzi diventa procedimento in sé, il sovrapporsi di immagini diverse intendo; accade come nei collage, ma con un medium diverso. Altre volte no, cancello, ci dipingo sopra. Però è vero che il ricoprire, il ridipingere la tela mi piace, è come se fosse una sorta di impalcatura. Tutto questo cancellare e accumulare su una superficie fa succedere delle cose, a volte interessanti, a volte meno. Adesso che ci ripenso credo che l’impalcatura di cui parlo abbia a che fare con il tempo, e il tempo forse riguarda anche il senso. Come se per me il fatto di avere in studio una tela su cui, da molti anni, accumulo superfici di colore bastasse per attribuirle importanza.
Gabriele Landi: Quello che mi dici mi fa venire in mente Osvaldo Licini, un artista che io amo molto. Anche lui a distanza di anni spesso ridipingeva su dei quadri realizzati in precedenza. Licini talvolta copriva completamente quello che aveva dipinto in precedenza talvolta, anzi nella maggior parte dei casi, no. Questo ha portato alcuni critici a cercare disperatamente di ricostruire la cronologia delle stratificazioni senza capire che probabilmente anzi sicuramente per l’artista la cronologia non aveva alcuna importanza. In questo modo è come se i lavori in virtù della stratificazione “geologica” avessero la facoltà di abitare un tempo altro. Succede anche a te?
Cesare Biratoni: Il fatto che tu parli di Licini mi colpisce particolarmente. E’ un pittore che per me è stato rivelatore. Negli anni del liceo mi ricordo di una bella mostra di suoi disegni a Como, …ho bene impresse nella mente quelle linee così fragili e tremolanti, i fogli di quaderno, i quadretti, il piccolo formato dei disegni. Per tornare al discorso “geologico” credo di sì; la cronologia ha importanza, almeno per me, ma solo in avanti. Quello che ho fatto negli anni scorsi continua a rivivere in virtù di qualcosa che deve continuare, anche a costo di stratificarsi o di cancellare il già fatto. Questo è uno dei motivi per cui mi costa molta fatica fare il punto sul mio lavoro, di cui percepisco spesso una certa incoerenza. Ho sempre invidiato quei pittori programmatici, lineari, costanti. Ma forse questo ha a che fare con il mio sentirmi privo di radici geografiche.
Gabriele Landi: Quando dici privo di radici geografiche ti riferisci alla tua storia personale o ad altro?
Cesare Biratoni: Parlo della mia storia. Sono nato a Barcellona ma a 11 anni circa ci siamo trasferiti in Italia. Per gran parte della mia vita mi sono sentito di non appartenere a nessun luogo, e anche adesso tutto sommato è così. Questa però è una cosa che è emersa adesso, rispondendo alla tua domanda, …mi riferisco al rapporto tra storia personale e conduzione del lavoro.
Gabriele Landi: Capisco perfettamente ciò di cui parli per averlo vissuto sulla mia pelle. La mancanza di radici geografiche porta inevitabilmente a trovarne di storiche, al lavoro di quali artisti guardi con interesse?
Cesare Biratoni: E’ una domanda alla quale non so rispondere in modo esauriente. Se intendi artisti della storia dell’arte il mio interesse cambia a seconda dei momenti, delle letture o delle sensazioni che sto vivendo in quel determinato momento; tendenzialmente è quasi del tutto indirizzato alla pittura e al disegno, ma mi piace molto la fotografia e ho interesse anche per diversi modi di espressione che non avrebbe senso elencare. Credo che sia importante studiare, anche nelle loro biografie ed eventualmente negli scritti, più artisti possibile, e mi sono quindi convinto che il mio modo di pensare all’arte si possa considerare un insieme di suggestioni e di sensibilità stratificate nella mia testa nel corso degli anni. Ma per cercare di essere meno vago adesso ti elenco in ordine sparso, così come stanno e senza nessun ordine, la serie di libri che si trova nell’ultimo scaffale di una delle mie librerie billy; sono tutti cataloghi perché pesano, e quindi li metto in basso, forse possono essere indicatori o raccontare qualche mia suggestione anche transitoria: joan Mirò, un catalogo su San Antonio de la Florida di Goya, Marlene Dumas, Balthus, due libri sui quaderni per le Domoiselles d’Avignon di Picasso, Savinio, Max Beckmann “Die Nacht”, Beppe Devalle “Santiprofetimartiri”, “Drawing Course” di Charles Bargue, Alice Neel “Drawings and watercolours”, Philip Guston “Retrospective”, Giorgio Morandi 1890-1964, Seurat, Walid Raad “Scratching on things I Could Disavow”, Gerhard Richter “Ubermalte Fotografien”.
Biratoni Cesare (Barcellona, 1969), vive e lavora a Busto Arsizio (VA), ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Brera in Milano.
Principali mostre personali:
2021 Esercizio per cinque dita a cura di Samira Guadagnuolo e Tiziano Doria ,Libreria Potlatch Milano
2019 A prova di conflitto di interessi a cura di Luca Scarabelli, Rossella Moratto, Joykix, Umberto Cavenago, Giancarlo Norese, Surplace art space Varese
2018 KCC artist run space Castello Cabiaglio (VA) Curata da Valentina Petter
2017 “Il battito delle ali” Dimora Artica, Milano Curata da Andrea Lacarpia
2013 “Nessuno è più stupido di un pittore”, Riss(e) space, Varese curata da Ermanno Cristini.
2011 “Pinturas” presso la Galeria Má Arte, Aveiro, Portugal.
2010 “Viaggio e grammatica di un icononauta” Studio di Umberto Cavenago curata da Luca Scarabelli –
Principali mostre collettive:
2018 A3 Sergio Avveduti, Cesare Biratoni, Stefano Peroli a cura di Marco Neri AF Gallery Bologna
2017 IL PITTORE E LA MODELLA ASSAB-ONE, Milano Testi di Ermanno Cristini, Simona Squadrito, Rossella Moratto
2016 NOPLACE 3- 49° premio Suzzara Galleria del Premio Suzzara, Suzzara (MN)
O PINTOR E A MODELO. O CORPO QUE OLHA Galeria Má Arte, Aveiro, Portugal.
Pedro Andrade, Cesare Biratoni, Leonel Cunha, Ermanno Cristini, Armida Gandini, Jorge Leal, Federica Pamio, Pedro Pascoinho, Carlos Seabra, Luca Scarabelli
IL NOCCIOLO DELLA QUESTIONE Museo Bodini, Gemonio (Varese) a cura di Vera Portatadino e Simona Squadritto,

photo courtesy of Surplace, Varese

“Natura morta di foto” , cm 25 x 35, Olio su tela, 2020

“Senza titolo”, cm 29,7 x 21, Collage e tecnica mista su carta, 2018

Installazione dello studio “A prova di conflitto di interessi”, Surplace, Varese, 2019 (ph. Di Luca Scarabelli)

“Natura morta di foto”, cm 25 x 20, Olio su tela, 2013

“Senza titolo”, cm 29,7 x 21, Collage e tecnica mista su carta, 2021

“Senza titolo”, cm 50 x 40, Olio su tela, 2020
