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Parola d’Artista: Quando avete iniziato ad interessarvi all’arte?
Matilde Cadenti: Il mio interesse per l’arte è nato presto, grazie ad una famiglia di appassionati d’arte e architettura che fin da quando ero bambina mi portava con loro a visitare mostre e musei.
Emanuela Fadalti: L’arte, in ogni sua declinazione, è sempre stata al centro dei miei interessi. Solo nel 2013 però, con l’apertura della galleria, ho trasformato questa passione in un progetto strutturato.
Pd’A: Che studi avete fatto?
Matilde Cadenti: Ho fatto il liceo scientifico e ho poi preso la laurea magistrale in Architettura all’Università IUAV di Venezia. Durante il Covid mi sono iscritta al corso di storia dell’arte dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, ma appena ho ricominciato a lavorare a tempo pieno ho interrotto a malincuore gli studi, che spero in futuro di poter riprendere.
Emanuela Fadalti: Ho frequentato lo IUAV di Venezia e ho una Laurea in Architettura con un percorso di studio orientato al restauro.
Pd’A: Ci sono stati incontri importanti durante gli anni della vostra formazione? Quali e perché?
Matilde Cadenti: Durante il mio percorso di studi, sia al liceo che all’Università, ho avuto il privilegio di incontrare alcuni insegnanti molto preparati e appassionati che mi hanno trasmesso l’amore per quello che studiavo.
Emanuela Fadalti: Negli anni del liceo ho avuto insegnanti come Pizzinato, Morandis, De Toffoli ed altri; hanno sicuramente lasciato un segno nella mia formazione.
Pd’A: Dopo e durante gli studi ci sono state delle esperienze lavorative che hanno in qualche modo orientato le vostre scelte professionali?
Matilde Cadenti: Sì, ho avuto diverse esperienze che mi hanno aiutata a comprendere la complessità del mondo dell’arte. Le diverse mostre che abbiamo curato in galleria e allo Spazio Berlendis mi hanno insegnato a gestire il rapporto con gli artisti e a pensare alle esposizioni come a veri e propri progetti culturali.
Emanuela Fadalti: Prima di aprire la galleria la professione di architetto e precedentemente quella di insegnante mi hanno portato ad avere un contatto a stretto contatto con l’arte in genere.
Pd’A: Come mai avete deciso di aprire una galleria
MC e EF : Aprire una galleria è stato un passo naturale per noi, un modo per dare una casa stabile a progetti e idee che ci appassionavano.
L’occasione è nata quando abbiamo restaurato il palazzo che tuttora ospita la galleria, che è situato in un luogo strategico per l’arte contemporanea a Venezia (tra la Collezione Guggenheim e la fondazione Pinault).
Passare dal ruolo di collezionisti ed amanti dell’arte a quello di galleristi non è stato semplice; tutte le modalità di gestione degli spazi, i contratti con gli artisti, le tempistiche per l’organizzazione dei progetti, dei trasporti, della comunicazione sono cose che abbiamo dovuto imparare.
Pd’A: Che cosa vi colpisce del lavoro di un’artista?
MC e EF: Quello che ci colpisce di più del lavoro di un artista è la sua capacità di interpretare il mondo e di restituirlo in una forma unica, che stimola la riflessione. Ci affascina la ricerca che sta dietro a ogni opera, la curiosità, la voglia di esplorare nuovi linguaggi e tecniche. Ogni artista ha una voce propria che, attraverso il suo lavoro, riesce a comunicare idee ed emozioni in modo profondo.
Ci piace poter offrire ai nostri collezionisti, o ai semplici appassionati, artisti ed opere che riteniamo significativi e che, in primis, ci abbiano coinvolto con la loro poetica.
Il tutto senza distinzioni di età,di provenienza geografica e con mezzi espressivi molto diversi tra di loro in piena sintonia con la visione della galleria.
Pd’A: Come si sviluppa il lavoro con gli artisti che seguite?
MC e EF : Il lavoro con gli artisti è un processo di collaborazione e scambio continuo, che si basa su una relazione di fiducia reciproca. Partiamo sempre dal dialogo, cercando di capire insieme all’artista quale sia la direzione e l’obiettivo della sua ricerca. Ogni progetto espositivo è il risultato di un lavoro condiviso, che coinvolge la scelta delle opere, la progettazione dell’allestimento e la pianificazione della comunicazione.
Anche il percorso degli artisti nei progetti esterni alla galleria è una cosa che seguiamo con interesse e che cerchiamo di sostenere collaborando quando possibile con le Istituzioni o i Musei.
Tra gli ultimi progetti che abbiamo sostenuto ricordiamo la personale di Quayola “ Ultima perfezione “ alla Galleria Civica di Modena, quella di Nancy Genn “Beyond the Grid” a Palazzo Collicola, il progetto di Maurizio Pellegrin “Me stesso e io” a Ca’ Pesaro; inoltre abbiamo collaborato promuovendo le giovani artiste Silvia Infranco nella mostra “Radici” per il festival Fotografia Europea e Laura Omacini nell’esposizione “Barricades” ai Musei Civici di Bassano del Grappa.
Pd’A: Quale è la differenza secondo voi fra un gallerista ed un mercante d’arte?
MC e EF: La differenza principale sta nella relazione e nel dialogo che si instaura con l’artista. Un gallerista si preoccupa di curare la ricerca e la carriera dell’artista, di promuovere il suo lavoro, di offrire uno spazio in cui l’artista possa crescere e svilupparsi. Un mercante d’arte, invece, è più orientato al mercato e alla vendita delle opere. Il gallerista ha una funzione culturale più ampia, mentre il mercante è focalizzato sull’aspetto commerciale.
E’ per questo motivo che allo Spazio Berlendis abbiamo realizzato progetti culturali ben lontani dalla logica commerciale, come conferenze in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari o l’associazione Fondaco Europa, eventi dedicati alla musica classica e presentazioni di libri.
Pd’A: Che ruolo ha oggi una galleria e quali sono le sfide che bisogna affrontare per fare seriamente questo mestiere?
MC e EF: Oggi una galleria ha un ruolo fondamentale come punto di riferimento per l’arte contemporanea. È uno spazio che non solo promuove l’arte, ma anche un luogo di incontro e di confronto tra artisti e pubblico. Le sfide sono numerose: bisogna essere sempre aggiornati sulle tendenze artistiche, sapersi adattare al mercato, ma senza mai compromettere la qualità e la ricerca. La concorrenza è alta e la digitalizzazione sta cambiando molto il modo di comunicare e di fruire l’arte, ma per noi la sfida principale rimane quella di creare uno spazio di qualità, dove l’arte possa essere vissuta nella sua pienezza.
Inoltre, questo momento non è proprio idilliaco per quanto riguarda il mercato.
Pd’A: È possibile creare delle efficaci sinergie fra pubblico e privato nell’arte contemporanea?
MC e EF : Sì, è fondamentale. Le sinergie tra pubblico e privato sono essenziali per il sostegno e la crescita dell’arte contemporanea. Le istituzioni pubbliche possono dare un forte impatto e una visibilità istituzionale agli artisti, mentre il privato, come le gallerie, può sostenere e promuovere direttamente il lavoro degli artisti. E’ proprio in questa logica che è nato lo Spazio Berlendis, che ci ha consentito di realizzare collaborazioni e progetti di più ampio respiro che hanno coinvolto interlocutori di vari settori.
In questo spazio inaugureremo il 15 febbraio la collettiva “Aldilà Sarà”, che presenterà il lavoro di trenta pittori provenienti dall’Accademia di Belle Arti di Venezia, patrocinante del progetto.
Pd’A: Molti artisti, a volte in modo indipendente, altre volte coinvolgendo dei curatori, stanno cercando delle vie alternative al sistema istituzionalizzato proponendo il loro lavoro in contesti inusuali, come vedete questi movimenti dal vostro punto di vista?
MC e EF: Gli spazi indipendenti sono sempre stati importanti per la ricerca artistica, dando agli artisti una maggior libertà di sperimentazione che a volte è più difficile intraprendere negli spazi istituzionali
Pd’A: Secondo voi ha ancora senso oggi parlare di sistema dell’arte?
MC e EF: Sì, assolutamente, anche se è in continua evoluzione. Parliamo di un sistema che coinvolge diverse figure con ruoli differenti: galleristi, artisti, critici e curatori, case d’asta, collezionisti e istituzioni. Credo che il potere delle grandi gallerie e dei principali collezionisti stia assumendo un ruolo sempre maggiore all’interno del sistema, a discapito delle altre figure.
English text
Intervista a Matilde Cadenti ed Emanuela Fadalti, Marignana Arte e Spazio Berlendis
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Parola d’Artista: When did you first become interested in art?
Matilde Cadenti: My interest in art started early on, thanks to a family of art and architecture enthusiasts who took me with them to visit exhibitions and museums since I was a child.
Emanuela Fadalti: Art, in all its forms, has always been at the centre of my interests. Only in 2013, however, with the opening of the gallery, did I turn this passion into a structured project.
Pd’A: What studies did you do?
Matilde Cadenti: I went to high school and then took a Master’s degree in Architecture at the IUAV University of Venice. During Covid I enrolled in the art history course at Ca’ Foscari University in Venice, but as soon as I started working full-time again, I reluctantly interrupted my studies, which I hope to resume in the future.
Emanuela Fadalti: I attended the IUAV in Venice and have a degree in Architecture with a focus on restoration.
Pd’A: Were there any important encounters during your training years? Which ones and why?
Matilde Cadenti: During my studies, both at high school and at university, I had the privilege of meeting some very knowledgeable and passionate teachers who passed on to me their love for what I was studying.
Emanuela Fadalti: During my high school years, I had teachers like Pizzinato, Morandis, De Toffoli and others; they certainly left their mark on my education.
Pd’A: After and during your studies, were there any work experiences that in some way guided your professional choices?
Matilde Cadenti: Yes, I had several experiences that helped me to understand the complexity of the art world. The different exhibitions we curated in the gallery and at Spazio Berlendis taught me how to manage the relationship with artists and to think of exhibitions as real cultural projects.
Emanuela Fadalti: Before opening the gallery, my profession as an architect and previously as a teacher brought me into close contact with art in general.
Pd’A: Why did you decide to open a gallery?
MC and EF : Opening a gallery was a natural step for us, a way to give a stable home to projects and ideas that we were passionate about.
The opportunity arose when we restored the palazzo that still houses the gallery, which is located in a strategic place for contemporary art in Venice (between the Guggenheim Collection and the Pinault Foundation).
Passing from the role of collectors and art lovers to that of gallery owners has not been easy; all the ways of managing spaces, contracts with artists, timing for organising projects, transport, and communication are things we have had to learn.
Pd’A: What strikes you about an artist’s work?
MC and EF: What strikes us most about an artist’s work is their ability to interpret the world and return it in a unique, thought-provoking form. We are fascinated by the research behind each work, the curiosity, the desire to explore new languages and techniques. Each artist has his or her own voice that manages to communicate ideas and emotions in a profound way through his or her work.
We like to be able to offer our collectors, or simple enthusiasts, artists and works that we consider significant and that, first and foremost, have involved us with their poetics.
All of this without distinction of age or geographical origin and with very different means of expression in full harmony with the gallery’s vision.
Pd’A: How do you develop your work with the artists you follow?
MC and EF : Working with artists is a process of continuous collaboration and exchange, based on a relationship of mutual trust. We always start with dialogue, trying to understand together with the artist what the direction and objective of their research is. Each exhibition project is the result of shared work, involving the choice of works, the design of the exhibition layout and the planning of communication.
The path of artists in projects outside the gallery is also something we follow with interest and try to support by collaborating whenever possible with institutions or museums.
The most recent projects we have supported include Quayola’s solo exhibition ‘Ultima perfezione’ at the Galleria Civica di Modena, Nancy Genn’s ‘Beyond the Grid’ at Palazzo Collicola, and Maurizio Pellegrin’s project ‘Me and Myself’ at Ca’ Pesaro; we have also collaborated by promoting the young artists Silvia Infranco in the exhibition “Radici” for the Fotografia Europea festival and Laura Omacini in the exhibition “Barricades” at the Musei Civici di Bassano del Grappa.
Pd’A: What is the difference in your opinion between a gallery owner and an art dealer?
MC and EF: The main difference lies in the relationship and dialogue established with the artist. A gallerist is concerned with looking after the artist’s research and career, promoting his work, offering a space in which the artist can grow and develop. An art dealer, on the other hand, is more oriented towards the market and the sale of works. The gallery owner has a broader cultural function, whereas the dealer is focused on the commercial aspect.
This is why at Spazio Berlendis we have realised cultural projects far removed from the commercial logic, such as conferences in collaboration with Ca’ Foscari University or the Fondaco Europa association, classical music events and book presentations.
Pd’A: What is the role of a gallery today and what are the challenges you have to face in order to do this job seriously?
MC and EF: Today, a gallery plays a fundamental role as a reference point for contemporary art. It is a space that not only promotes art, but also a place for artists and the public to meet and exchange ideas. The challenges are numerous: one must always be up-to-date with artistic trends, know how to adapt to the market, but never compromise on quality and research. Competition is high and digitisation is changing a lot the way art is communicated and enjoyed, but for us the main challenge remains to create a quality space where art can be experienced in its fullness.
Moreover, this moment is not exactly idyllic as far as the market is concerned.
Pd’A: Is it possible to create effective synergies between public and private in contemporary art?
MC and EF : Yes, it is fundamental. Public-private synergies are essential for the support and growth of contemporary art. Public institutions can give a strong impact and institutional visibility to artists, while the private sector, such as galleries, can directly support and promote artists’ work. It is precisely in this logic that Spazio Berlendis was created, which has enabled us to realise collaborations and larger projects involving interlocutors from various sectors.
In this space, on 15 February, we will inaugurate the group exhibition ‘Aldilà Sarà’ (Beyond Will Be), which will present the work of thirty painters from the Accademia di Belle Arti di Venezia, which is sponsoring the project.
Pd’A: Many artists, sometimes independently, sometimes involving curators, are looking for alternatives to the institutionalised system by proposing their work in unusual contexts, how do you see these movements from your point of view?
MC and EF: Independent spaces have always been important for artistic research, giving artists more freedom for experimentation that is sometimes more difficult to undertake in institutional spaces
Pd’A: In your opinion, does it still make sense today to talk about the art system?
MC and EF: Yes, absolutely, although it is constantly evolving. We are talking about a system that involves different figures with different roles: gallery owners, artists, critics and curators, auction houses, collectors and institutions. I think the power of the big galleries and major collectors is assuming an increasing role within the system, to the detriment of the other figures.





opere di Silvia Infranco, Aldo Grazzi e Alessandra Maio. Crediti foto Enrico Fiorese.

Quayola, Artur Duff e fuse* negli spazi di Marignana Arte. Crediti foto Enrico Fiorese.

Spazio Berlendis. Crediti foto Enrico Fiorese.
