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#paroladartista #intervistacritico #artcrticinterview #pietrogagliano
Parola d’Artista: Come nasce il tuo interesse per l’arte e in particolar modo quello per l’arte contemporanea?
Pietro Gaglianò: L’interesse è nato dalla passione e la passione è qualcosa di cui è difficile stabilire l’origine, la causa. Più o meno all’inizio della vita adulta ho capito che la passione poteva diventare un luogo da abitare, anche professionalmente, e ho deciso di darmi un metodo che con gli anni è diventato anche una forma di coscienza politica.
P.d’A.: Che studi hai fatto?
P.G.: Sono laureato in architettura, e da qui credo discenda l’attenzione per la declinazione pubblica, sociale e condivisa dell’arte. Parallelamente (e senza grandi successi) ho studiato danza, a questa pratica devo l’inclinazione per le estetiche del corpo, per la Performance Art, per la dimensione politica della fisicità.
P.d’A.: Ci sono stati degli incontri importanti durante gli anni della tua formazione che hanno in qualche modo avuto un influsso sullo sviluppo del tuo lavoro?
P.G.: Per inclinazione (e per fede anarchica) rigetto la figura del maestro. Camminare al fianco di alcune persone è stato però di grande ispirazione. Non posso negare il debito verso Giancarlo Cauteruccio, maestro della vocazione multidisciplinare dell’arte e di una visione della città come spazio teatrale. Altre artiste e altri artisti sono diventati amici per la vita, ognuno di loro ha influito sul mio percorso in un tempo della formazione ormai ben esterno alla didattica istituzionale. Ci sono infine persone che hanno costituito una guida per molti anni, con il loro lavoro e la loro visione, e che ho incontrato dal vivo solo brevemente: la più importante è probabilmente Suzanne Lacy, alla cui ricerca è dedicato il mio ultimo libro, in uscita per Kappabit edizioni.
P.d’A.: Come intendi il tuo lavoro?
P.G.: Come un esercizio di osservazione e traduzione. Sia quando riguarda la condivisione di un progetto con artisti e artiste sia quando è un impegno di scrittura. E nello stesso modo è anche nell’attività pedagogica. Sono queste le tre aree in cui lavoro.
P.d’A.: Nella babele dei linguaggi visivi della contemporaneità c’è qualcosa che prediligi e che cosa ti attrae di questi linguaggi?
P.G.: Non ho la predilezione per un linguaggio specifico. Nell’esperienza dell’arte trovo qualcosa che mi riguarda, che mi aiuta a capire il mondo, a sentirmi parte della vita in un modo più intenso e più forte. È una forma di bellezza politica, che non ha niente a che vedere con la piacevolezza estetica ma è la vita moltiplicata.
P.d’A.: In che modo ti avvicini al lavoro di un’artista?
P.G.: Come un innamorato. Cerco di passarci assieme più tempo possibile, di condividere esperienze, dentro lo studio e fuori dallo studio, leggo le cose che leggono, visito le mostre di cui mi parlano. Ho già detto che ci sono artiste e artisti con cui ho stretto legami profondi, e di solito è con loro che preferisco lavorare, cercando di continuare un viaggio che si svolge a tappe.
P.d’A.: Ti volevo chiedere di parlare della dimensione pedagogica nel tuo lavoro?
P.G.: L’esperienza dell’arte e la pedagogia libertaria appaiono immediatamente congiunte perché compiono un investimento nella soggettività, perché nutrono fiducia nella libertà e ne hanno bisogno, perché condividono il coraggio della speranza. A partire da questo e dai tanti approfondimenti nelle mia attività educative e curatoriale, non riesco a scindere le due dimensioni. L’arte è un’esperienza di apprendimento, completamente scardinata dalle intelaiature del potere e dell’istruzione. La pedagogia è la consapevolezza con cui riusciamo ad apprendere dalle altre persone, dalle cose, dagli animali, dall’arte. In molti miei progetti, e in molti miei testi teorici, indago i termini di questa corrispondenza.
P.d’A.: Come nasce e che cos’è Scripta?
P.G.: Scripta nasce, storicamente, dall’incontro con Melisa Di Nardo e con la sua libreria Brac, a Firenze. Dall’acquisto di un libro è nato un progetto per una rassegna di presentazioni, poi un festival, un programma di residenze d’artista nelle Case del Popolo, in collaborazione con l’Arci, un podcast sull’arte, un premio per la giovane critica d’arte. È un progetto fondato sull’amore per il libri, sull’ammirazione per l’editoria di settore, sull’attenzione per la parola, nella sua qualità discorsiva e nell’incontro con il pubblico, anche fuori dai formati canonici.
P.d’A.: Quali progetti hai per il prossimo futuro?
P.G.: Nell’immediato, a luglio, con Luigi Presicce prenderà forma un trittico di parusie, dedicate alla pittura del Quattrocento, grazie a Kilowatt Festival. Ci sono poi i progetti permanenti che richiedono la mia attenzione. Oltre a Scripta c’è SUFA+, uno spazio di ricerca su arte e migrazione, di cui mi occupo con Paolo Fabiani e Rossella Del Sere, quest’anno abbiamo la fortuna di collaborare con il regista somalo Zakaria Mohamed Ali. C’è la direzione della collana i Limoni, con Gli Ori editori. E ci sono i progetti a parole nello spazio pubblico, come quello di cui mi prendo cura con Giovanni Gaggia a Fermignano, da tre anni. Ci sono i programmi pedagogici, altri libri da scrivere, artisti da incontrare, da reincontrare, per innamorarmi ancora.
English Text
Interview to Pietro Gaglianò
#paroladartista #intervistacritico #artcrticinterview #pietrogagliano
Parola d’Artista: How did your interest in art, and particularly in contemporary art, come about?
Pietro Gaglianò: The interest was born from passion, and passion is something whose origin, cause is difficult to establish. More or less at the beginning of my adult life, I realised that passion could become a place to live, even professionally, and I decided to give myself a method that over the years has also become a form of political awareness.
P.d’A.: What studies did you do?
P.G.: I have a degree in architecture, and from here I think the focus on the public, social and shared declination of art derives. At the same time (and without great success) I studied dance, to this practice I owe my inclination for the aesthetics of the body, for Performance Art, for the political dimension of physicality.
P.d’A.: Were there any important encounters during your formative years that somehow had an influence on the development of your work?
P.G.: By inclination (and anarchist faith) I reject the figure of the master. However, walking alongside some people has been very inspiring. I cannot deny my debt to Giancarlo Cauteruccio, a master of the multidisciplinary vocation of art and a vision of the city as a theatre space. Other artists have become friends for life, each of them influencing my path in a time of training now well outside institutional teaching. Lastly, there are people who have been a guide for many years, with their work and vision, and whom I have only met live briefly: the most important is probably Suzanne Lacy, to whose research my latest book, out now with Kappabit edizioni, is dedicated.
P.d’A.: How do you understand your work?
P.G.: As an exercise in observation and translation. Both when it concerns sharing a project with artists and when it is a commitment to writing. And in the same way it is also in the pedagogical activity. These are the three areas in which I work.
P.d’A.: In the babel of contemporary visual languages, is there anything you favour and what attracts you to these languages?
P.G.: I have no predilection for a specific language. In the experience of art I find something that concerns me, that helps me to understand the world, to feel part of life in a more intense and stronger way. It is a form of political beauty, which has nothing to do with aesthetic pleasure but is life multiplied.
P.d’A.: How do you approach the work of an artist?
P.G.: Like a lover. I try to spend as much time with them as possible, to share experiences, inside the studio and outside the studio, I read the things they read, I visit the exhibitions they tell me about. I have already said that there are artists with whom I have deep bonds, and it is usually with them that I prefer to work, trying to continue a journey that takes place in stages.
P.d’A.: I wanted to ask you about the pedagogical dimension in your work?
P.G.: The experience of art and libertarian pedagogy appear immediately conjoined because they make an investment in subjectivity, because they trust in freedom and need it, because they share the courage of hope. From this and from the many insights in my educational and curatorial activities, I cannot separate the two dimensions. Art is a learning experience, completely unhinged from the frames of power and education. Pedagogy is the awareness with which we can learn from other people, from things, from animals, from art. In many of my projects, and in many of my theoretical texts, I investigate the terms of this correspondence.
P.d.A.: How was Scripta born and what is it?
P.G.: Scripta was born, historically, from an encounter with Melisa Di Nardo and her bookstore Brac, in Florence. From the purchase of a book, a project was born for a series of presentations, then a festival, a programme of artist residencies in the Case del Popolo, in collaboration with Arci, a podcast on art, a prize for young art critics. It is a project founded on love for books, on admiration for the publishing industry, on attention to the word, in its discursive quality and in the encounter with the public, even outside the canonical formats.
P.d’A.: What plans do you have for the near future?
P.G.: In the immediate future, in July, a triptych of parusia, dedicated to 15th-century painting, will take shape with Luigi Presicce, thanks to Kilowatt Festival. Then there are the permanent projects that require my attention. In addition to Scripta, there is SUFA+, a research space on art and migration, which I work on with Paolo Fabiani and Rossella Del Sere; this year we are lucky enough to collaborate with Somali director Zakaria Mohamed Ali. There is the direction of the i Limoni series, with Gli Ori publishers. And there are the spoken word projects in public space, like the one I have been taking care of with Giovanni Gaggia in Fermignano for three years. There are the pedagogical programmes, other books to write, artists to meet again, to fall in love again.

Ph Alessandra Cinquemani




PH Renato Esposito

PH Patrizio Raso
