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#paroladartista #nellostudiodi #artiststudio #renzogallo
Il mio studio, meglio: la mia casa-studio, una casa in una casa, il prolungamento dei pensieri del giorno prima , della sera prima. Il letto agitato dove si distendono considerazioni varie che, lì, si ripuliscono, sfrondando dal superfluo ogni intenzione che, forse così, poi, talvolta, possa prendere forma in un segno significante, ormai semplificato, ripulito dal superfluo, nudo. Restano fuori finalmente resti e tracce abbandonate, anch’esse significanti, forse più di quanto considerato, perché nati da gesti indispensabili all’esclusione di quanto non necessario, azione simile alla potatura di un albero, dove importante è solo ciò che resta vivo, tralasciando lo scarto e rinviandone, forse, una nuova futura considerazione, poi!
Spesso, no, molto spesso invece, questi “scarti”, dopo un temporaneo riposo in un campo neutro, non qualificato né qualificante, hanno rivendicato un loro diritto di attenzione a cui spesso voglio felicemente cedere. Non esistono i rifiuti, esistono le risultanze e, prima o poi, queste troveranno una loro giusta, adeguata collocazione, suggeritrici di nuove indicazioni estetiche. Ammiccanti reperti di un necessario sacrificio.
Lo spazio, si, è grande, mai come lo si vorrebbe e gli ambienti casa e studio si uniscono senza soluzione di continuità. Qui la lentezza regna, sottoponendo ogni azione a una attenta riflessione, alla possibilità di un pentimento quando necessario, per evitare ingannevoli scorciatoie della mente. Qui l’inutilità acquisisce senso: camminare intorno alle cose senza alcuno scopo reale, senza meta o destino, spostare dei listelli di legno e contenitori vari che potevano restare tranquillamente al loro posto, montare una tela, sapendo che non l’avresti toccata per moltissimo tempo perché stai muovendoti in altro territorio. Seduto, immobile, osservando una cosa qualsiasi nel campo del tuo sguardo, normalmente una parete vuota, senza nulla vedere. Assenza di considerazione per l’esterno, per poter viaggiare dentro i propri pensieri. Viaggiare dentro è libero e permette un nomadismo che la fisicità non consente, senza sottostare ad alcuna dittatoriale regola di logica o di coerenza. Lentamente in più direzioni. Poi il viaggio si trasformerà più facilmente in visibile. I miei gesti cercheranno di rendere utile l’immobilità che mi ero consentito e, probabilmente, qualche pensiero riuscirà successivamente a materializzarsi in qualcosa in grado di parlare.
Una musica, un libro, un buon bicchiere, una piacevole conversazione con un amico rendono piacevole e sicura questa mia seconda pelle, tana, deposito di memorie, palestra per la mente.
Ho sempre viaggiato molto e molte sono state le mie tappe geografiche, il mio spirito nomade è sempre stato soddisfatto e quello che sono è la conseguenza di questo mio continuo instancabile viaggio. Poi tutto è riportato qui, nel mio studio, dove tutto continua su altre strade, viaggio di altro genere, certo, più complesso e spesso oscuro anche a me che cerco chiarezze e bellezza. O, forse, è proprio solo il viaggio quello che voglio.
English text
RenzoGallo Artist studio
#paroladartista #nellostudiodi #artiststudio #renzogallo
My studio, better: my home-studio, a house within a house, the extension of the thoughts of the day before, of the night before. The agitated bed where various considerations are stretched out, which, there, cleanse themselves, stripping from the superfluous every intention that, perhaps then, sometimes, can take shape in a signifying sign, now simplified, cleaned of the superfluous, naked. Finally, remains and abandoned traces remain outside, which are also significant, perhaps more so than considered, because they are born from indispensable gestures to the exclusion of what is not necessary, an action similar to pruning a tree, where what is important is only what remains alive, leaving out the waste and postponing, perhaps, a new future consideration, then!
Often, no, very often instead, these ‘rejects’, after a temporary rest in a neutral, unqualified nor qualifying field, have claimed their own right to attention to which I often happily want to yield. There is no such thing as waste, there are findings and, sooner or later, these will find their rightful, appropriate place, suggesting new aesthetic directions. Winking relics of a necessary sacrifice.
The space, yes, it is large, but never as large as one would like it to be, and the home and studio environments merge seamlessly. Here slowness reigns, subjecting every action to careful reflection, to the possibility of repentance when necessary, to avoid deceptive shortcuts of the mind. Here, uselessness acquires meaning: walking around things without any real purpose, without destination or destiny, moving wooden slats and various containers that could have quietly remained in place, mounting a canvas, knowing that you would not touch it for a very long time because you are moving into other territory. Sitting, motionless, observing anything in the field of your gaze, normally an empty wall, with nothing to see. Absence of consideration for the outside, to be able to travel inside your thoughts. Travelling within is free and allows a nomadism that physicality does not allow, without submitting to any dictatorial rules of logic or coherence. Slowly in several directions. Then the journey will become more easily visible. My gestures will try to make the immobility I had allowed myself useful and, probably, some thought will later manage to materialise into something capable of speaking.
Music, a book, a good drink, a pleasant conversation with a friend make this second skin of mine pleasant and safe, a den, a repository of memories, a gym for the mind.
I have always travelled a lot and many have been my geographical stops, my nomadic spirit has always been fulfilled and what I am is the consequence of my continuous tireless travelling. Then everything is brought back here, to my studio, where everything continues on other paths, a journey of another kind, certainly, more complex and often obscure even to me who seek clarity and beauty. Or, perhaps, it is just the journey that I want.

Renzo Gallo

Renzo Gallo

Renzo Gallo

Renzo Gallo

Renzo Gallo

Renzo Gallo

Renzo Gallo

Renzo Gallo

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Renzo Gallo

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Renzo Gallo

Renzo Gallo

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Renzo Gallo
