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#paroladartista #disegno #drawing #albertoballetti
Io disegno. Riflettere sul valore che nella contemporaneità può avere il disegno durante la stravagante e capillare pretesa della smaterializzazione digitale può apparire ostico, mentre necessita solo di una fisiologica e autoreferenziale gestione delle pressioni del potere e della propaganda. Rimettiamo il non-problema fuori dai canali commerciali.
segno-mente
gesto-cuore
fregio-mano
La parola “grafica” oggi è svuotata della sua valenza storica. È traslucida, rispecchia. Il segno/fregio invece ha origine dall’opaco, assorbe. Viene da lontano, implica l’originale, prevede un autore.
Cosa ci ha allontanato dall’origine del graphos e quanto abbiamo pagato questa evoluzione dei linguaggi nella perdita del suo spessore corporeo?
La sua traslazione dall’analogico al digitale è stata affidata alla rivoluzione tecnica più lunga della storia dell’umanità, legandola a doppio mandata all’evoluzione commerciale – che fa coppia con il moderno concetto di progresso – dell’infinito sogno di benessere materiale. Altro è il ganglio del mercato che ha intasato la magia dell’emersione del segno personale a favore dello standard. La riflessione sul disegno nella contemporaneità segue le divagazioni intellettuali delle epoche precedenti, ereditandone lungaggini necessarie solo a chi non lo pratica, ma lo lega a un fine prospettico.
Il disegno come tecnica di progetto, abbozzo, schizzo sposta il problema. Che poi non si tratta di un problema da risolvere, ma di uno stato dall’essere e del suo radicamento nell’individuo. Le
culture orientali pre-digitali, prive della dicotomia disegno/ scrittura possono aiutare a riconnetterci all’integrale/primordiale circolazione occhio/mente/mano, grazie alla memoria periferica che conduce fisiologicamente dal cuore alla mano (come accade con i neuroni specchio) nell’intramontabile necessità di sintesi mnemonica della condivisione. Il disegno/graphos precede la scrittura ricordandoci che l’emancipazione dell’animale-uomo dalla natura è la storia del potere e non della libertà. La storia della rinuncia, che usa la parola come strumento, non come luogo/capanna della cura del sé, come sostiene il filosofo Leonardo Caffo. Il disegno come strumento di consenso non è osmosi, ma frattura tra interno/carne e il collettivo. È una partita con un flipper digitale iniziata barrando “accetto” senza leggere le condizioni, bypassando le proprie istanze cellulari.
Io barro “rifiuto”, vorrei sempre controllare prima il mazzo. Chi disegna dovrebbe dare le carte qui e ora, sempre. Chi disegna è contemporaneo.
English version
Alberto Balletti on drawing
#paroladartista #disegno #drawing #albertoballetti
I draw. Reflecting on the value that drawing can have in contemporary times during the extravagant and capillary pretence of digital dematerialisation may appear difficult, whereas it only requires a physiological and self-referential handling of the pressures of power and propaganda. Let us put the non-issue back out of commercial channels.
sign-mind
gesture-heart
frieze-hand
The word ‘graphic’ today is emptied of its historical value. It is translucent, it reflects. Sign/fregio, on the other hand, originates from the opaque, it absorbs. It comes from afar, it implies the original, it envisages an author.
What has distanced us from the origin of the graphos and how much have we paid for this evolution of languages in the loss of its corporeal depth?
Its translation from analogue to digital has been entrusted to the longest technical revolution in the history of mankind, tying it hand in glove with the commercial evolution – which goes hand in hand with the modern concept of progress – of the infinite dream of material well-being. Another is the ganglion of the market that has clogged the magic of the emergence of the personal sign in favour of the standard. Reflection on drawing in the contemporary world follows the intellectual digressions of previous eras, inheriting lengths that are only necessary for those who do not practise it, but binds it to a perspective purpose.
Drawing as a design technique, sketching, sketching displaces the problem. That it is not a problem to be solved, but a state of being and its rootedness in the individual. The
pre-digital oriental cultures, devoid of the drawing/writing dichotomy, can help reconnect us to the integral/primordial eye/mind/hand circulation, thanks to the peripheral memory that physiologically leads from the heart to the hand (as happens with mirror neurons) in the everlasting need for mnemonic synthesis of sharing. The drawing/graphos precedes the writing, reminding us that the emancipation of the animal-man from nature is the story of power and not of freedom. It is the story of renunciation, which uses the word as a tool, not as a place/hut of self-care, as the philosopher Leonardo Caffo argues. Drawing as an instrument of consensus is not osmosis, but a fracture between the inner/flesh and the collective. It is a game with a digital pinball machine started by ticking “I accept” without reading the conditions, bypassing one’s own cellular instances.
I tick “refuse”, I always want to check the deck first. He who draws should deal the cards here and now, always. He who draws is contemporary.
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