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Gabriele Landi: Secondo te il sacro ha ancora una sua importanza nell’arte di oggi e nel mondo in cui viviamo?
Ferruccio Ascari: Nel caso si faccia coincidere la sfera del ‘sacro’ con quella del ‘religioso’, la risposta è semplice, no. La cosiddetta ‘arte sacra’ – che chiamerei più propriamente ‘religiosa’ – già dopo la Rivoluzione Francese e ancor più dopo la Rivoluzione Industriale, comincia ad annaspare e ciò che di essa sopravviverà nell’ 800 e nel 900 sarà per lo più inguardabile. Pensa invece alla quantità di capolavori che la Chiesa riesce a commissionare nei quattro o cinque secoli precedenti. Eppure del ‘sacro’ la maggior parte di quei capolavori è solo la rappresentazione, magari formidabile rappresentazione, ad ogni modo non ‘presenza’. Per ‘incontrare’ il ‘sacro’, essere alla presenza del ‘sacro’ bisogna fare ancora un passo indietro nel tempo o operare uno scarto nello spazio. Davanti ad una icona di Rublëv, ad una Madonna di Duccio, allora posso dirmi alla presenza del ‘sacro’. Presenza non rappresentazione. È esperienza rara, ma al cospetto di tali ‘presenze’ può succedermi, e mi è effettivamente successo, di fare esperienza del ‘sacro’. Sintomo di tale esperienza è il ‘tremore’. Davanti a grandi capolavori posso rimanere ammirato, incantato, ma non vengo colto da tremore. L’esperienza del ‘sacro’ è altra cosa, è qualcosa che sradica, che sospende il tempo, è qualcosa di tremendo. Può cogliermi quel tremore di fronte ad un’opera d’arte contemporanea? Difficile, ma non lo escludo: di fronte a qualcosa come il Quadrato Nero di Malevic potrebbe succedere… comunque se oggi mi guardo attorno non vedo opere che col ‘sacro’ abbiano davvero a che fare. Neanche nel mio studio. Il ‘sacro’ da un mondo dove non è più rimasto niente da profanare sembra essersi ritirato. Ritirato, non scomparso: quando meno te lo aspetti il ‘tremendo’ può ripresentarsi…

tenutasi presso la Basilica di San Celso in occasione della mostra Il Numinoso a cura di Giorgio Verzotti Galleria Building, Milano

