Punti di vista sul sacro Manlio Onorato

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 Gabriele Landi: Secondo te il sacro ha ancora una sua importanza nell’arte di oggi e nel mondo in cui viviamo?

Manlio Onorato: “La risposta richiede alcune considerazioni preliminari; viviamo, nella nostra cultura almeno, in una società molto secolarizzata, pur manifestandosi di tanto intanto fenomeni di reviviscenza delle pratiche religiose, quindi arte sacra nell’accezione comune se ne vede poca e per giunta spesso deludente e insignificante. Logico chiedersi, quindi, se l’idea di sacro si ricolleghi necessariamente alla religione. Certamente, sin da epoche lontane l’uomo si è confrontato con la trascendenza, ha avvertito la presenza di qualcosa di inspiegabile e che eccede le proprie facoltà e lo scorrere dei giorni, elaborando miti, culti, rappresentazioni e religioni, sorrette talora da complesse cosmogonie; in tali processi l’arte ha sempre giocato un ruolo di primo piano, al punto che gran parte del lascito sei secoli passati è collegabile alle grandi religioni, le cui istituzioni erano tra i principali committenti di pittori, scultori, architetti ed artigiani ed anche non poche delle opere richieste da nobili, mercanti, principi e regnanti celebravano la religione. Mi è difficile supporre che nulla rimanga, perlomeno come sedimento arcaico, di tali attitudini e sentimenti, sia pure trasferiti eventualmente ad altri oggetti, quali la natura ad esempio, talora sacralizzata, o una non meglio identificata anima mundi o altro ancora. Ebbene, credo che, sia pure a dispetto talvolta delle stesse convinzioni e dichiarazioni degli artisti, non pochi di essi ancor oggi conferiscano di fatto una sorta di intrinseca sacralità all’atto creativo, quale ricerca di una dimensione eccedente la quotidianità, o talora elevandola ad epifania metafisica, alla ricerca di un senso che illumini la pochezza della vita. In tal senso credo sia ad esempio estremamente significativa la Rothko Chapel di Houston, luogo di meditazione e di intensa suggestione, risalente ai primi anni settanta; oppure i neri profondi di Anish Kapoor che sembrano sprofondare in abissi insondabili e ci obbligano a confrontarci con l’inabitabile nulla (nel quale è difficile non sentirsi avvolti dall’aura del sacro) o la Cappella del Compianto di Ettore Spalletti, riservato all’ultimo transito, quello della morte, che ci pone ora e sempre domande ineludibili. Credo che anche oggi l’arte possa aprire un varco sull’insondabile e con tale attitudine dovrebbe confrontarsi l’arte sacra (quella degli edifici di culto, per intenderci) sottraendosi alle strettoie di una troppo pedissequa osservanza di canoni iconografici e liturgici, per essere ancora significativa per l’umanità. Del resto, in tutte le epoche, l’arte si è confrontata con la propria contemporaneità; dobbiamo anche a questo se riusciamo ad essere profondamente coinvolti ancor oggi nelle celestiali rivelazioni del Beato Angelico

Manlio Onorato