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Gabriele Landi: Capita un po’ a tutti gli artisti, o almeno credo, di fare i conti con il nero e tu?
Lucrezia Minerva: Ho fatto i conti con il Nero fin da subito, grazie alla fotografia analogica in bianco e nero e alla stampa in camera oscura all’inizio del mio percorso artistico, poi, evoluto e ampliato oggi ad altre espressioni e medium.
Del Nero, ne ho sentito immediatamente l’attrazione.
Il Nero, a volte denominato “non colore“ diviene per il mio sentire, invece, un “colore” d’inclusione.
Ingloba la forma, il tempo, lo spazio, la luce, la materia.
Nullifica la sottrazione.
E’ totale assenza concettuale sociale, liberando il potenziale universale di contenere e attirare a sé il tutto.
E’ perfezione, maestria nell’azione di trarre a sé.
Nel Nero ogni aspetto non decade, non perisce, non smette d’esistere, ma diviene un tutto con il tutto.
Similmente il Bianco, suo complementare nel mio lavoro, non sovrasta ne sottostà al Nero.
E’ una danza cosmica tra luce e ombra, tra il manifesto e il latente, tra riflessione e
assimilazione; è una continuo e mai statico dialogo di connessione.
Nel Nero non c’é negazione, ma accoglienza; almeno questo é quello che il Nero mi sussurra.










