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Gabriele Landi: Secondo te il tema del sacro ha ancora una sua importanza nell’arte di oggi e nel mondo in cui viviamo?
Gabriele Salvaterra: Penso che sacro e terreno, spiritualità e materialità, siano ingredienti che caratterizzano l’essenza stessa dell’umano. La nostra capacità interpretativa, la possibilità di astrarre e simboleggiare sono già testimonianza dell’esigenza di innalzamento che fa parte della nostra vita e che credo si ponga come costante ricerca e tensione, più che come dogma, certezza o valore assunto. Non si sta parlando quindi di religione, di credenti o meno, ma di una necessità che ognuno esplica nel proprio modo.
Nell’arte, poi, il sacro e la spiritualità sono profondamente presenti e attuali. Ogni opera d’arte, persino la più precaria e instabile, nasce per trascendere i limiti della vita del suo artefice, superare la morte in un’espansione all’infinito.
Ricordo un’intervista ad Anselm Kiefer in cui affermava di aver iniziato a interessarsi all’arte in seguito alla delusione per le emozioni provate durante la sua Prima comunione. Si aspettava di più da quel sacramento e, in qualche modo, diventare artista è stata la sua risposta a questa ricerca dell’oltre-umano, all’assoluto.
Ricordo poi una mostra di Thomas Scalco da me curata in uno spazio di Ortisei (BZ) molto bello ma anche ruvido e industriale. Una persona vedendo le foto di documentazione si era convinta che si trattasse di una mostra organizzata in una chiesa. Penso che la spiritualità fosse un’emanazione di quei lavori, peraltro assolutamente astratti e senza contenuti esibiti.
In fondo leggiamo ancora Pavel Florenskij per rispondere a questa necessità e, come ha scritto anche Giorgio Verzotti in questa inchiesta, non è questione di credo. È semplicemente la necessità che quello che vediamo, che creiamo, che mostriamo non si concluda nella fredda materialità della sua concretezza ma ci porti in un “oltre”. Ecco il sacro.

La filigrana del vuoto, 2018


Volevo fare il bagno ma c’era un pavone, 2020, pipttura acrilica su tela, 150×200 cm

Aleph # III, 2021 tecnica mista _ mixed media in wooden box and mirrors 185,5×51×51 cm

Bogdan Vladuta le voci della pittura sono le voci del silenzio, 2022 – veduta dell’allestimento
