Nello studio di Davide Viggiano

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Negli anni ho imparato ad adattarmi in spazi molto ristretti. A partire sin da bambino con la mia camera da letto e poi crescendo, per motivi di studio e di lavoro ho cambiato città ed anche abitazioni, condividendola con altre persone. Ho imparato ad organizzare il mio spazio, il mio ambiente, la mia intimità in relazione al mio corpo e allo spazio che occupa. Il mio “studio” è sempre stato il mio “spazio” il mio “abitare”. Ad oggi ho ritagliato una porzione di casa dove la vita quotidiana che accomuna tutti noi coesiste con la pratica artistica. Nello spazio in cui lavoro predomina il silenzio, un muro bianco che spesso ridipingo fa da sfondo ai miei lavori. Amo sfruttare la parete per poterli fotografare una volta terminati. Accanto ad essa è situata una scrivania dove lavoro alle mie opere. Mi circondo dei miei libri del mio pc e del mio vecchio taccuino. Nel silenzio do forma al pensiero tramite la scrittura.

È nella primissima fase di ricerca che amo annotare parole, pensieri e immagini. Nello spazio sottostante alla scrivania custodisco la materia che plasmo. Scatole grandi di cartone, scatole piccole di legno o di latta archiviano e campionano tutti i miei oggetti: attrezzi da lavoro, guanti, carta, stampi, chiodi, tessuti, bottoni, filati, gomme siliconiche, resine, vernici, cornici, elementi naturali e così via. Il mio studio è un luogo fisico ed astratto, il mio studio è il mio habitus.