Adriana Civitarese
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Oggi un’artista deve prendere contatto con la metafisica delle costellazioni, di quante nature diverse siano. Tempo stai fermo, adesso unicamente spazio. Torno indietro.
Assunzione della Vergine dipinta da Tiziano è il mio Primo Amore. I miei amori sono nati per capire, per riuscire a comprendere l’incomprensibile per me, nelle scelte dell’arte come nelle altre della vita, posto che esista una differenza fra arte e vita per un’artista. Dunque spesso mi sono innamorata di realtà irraggiungibili e un’Assunzione lo è davvero in tutti i sensi.
A partire dalla materia della pittura all’idea che la muove, alla ragione che la fa nascere, allo sguardo richiesto, alla norma da incontrare. Certe opere nel passato venivano immediatamente poste al più elevato piano nella scala dei valori umani, all’interno delle architetture più autorevoli e perfette. L’insieme di varie condizioni essenziali non lasciavano alcun dubbio sulla potenza di una immagine o su ciò che era in grado di contenere. Eppure la potenza levava l’ancora davvero solo se l’artista o meglio il pittore, la pittrice, slegavano le grosse funi permettendo alle immense tavole di divenire piani aerei o anche zattere in un mare di tempesta, reinventando gli sguardi così come le posture o le vesti, cioè giocando totalmente con i segni e attraverso la materia luminosa dall’interno, con la possibilità intrinseca ai colori.
Questo dipinto è stato il mio primo amore anche per il fatto che mi capitava di osservarne la misteriosità nel momento in cui mi trovavo a trascorrere alcuni giorni nella casa dei nonni a Chieti. In una delle stanze da letto trovavo ad attendermi la riproduzione in forma di un manifesto incorniciato che si osservava di fronte al letto. I miei riposi dal gioco in cortile o i miei sonni la sera erano custoditi e protetti, ritenevo, dalla donna giovane al centro di un quadro mai del tutto fermo. Una giovane come potevo vederne normalmente camminare in strada o incontrarne in giro o come una maestra di scuola, una zia, cioè non la vedevo diversa da un’altra donna nel mio quotidiano. Dunque la connotazione era davvero straniante per me che la figura della Vergine Maria era figura di totale astrazione. Qui osservavo una giovane donna in attesa di arrivare dentro l’oro dell’Empireo preoccupata, dentro un abisso rosso e un panneggio blu scuro, lasciata e accompagnata dall’angoscia di uomini ai piedi del quadro. Venivo mossa da tantissime domande, soprattutto da cosa fosse tutta quella sofferenza rappresentata in fine anche dal quasi fantasma divino sorretto perché vecchissimo che osservava in cima, alla fine del quadro.
Se il senso di confermare che il primo amore non si scorda mai, lo confermo, è stata la svolta precoce del desiderio di potermi trovare dentro il quadro, dentro la pittura ed ai suoi misteri. Successivamente ho guardato ipnotizzata le pitture ancestrali, i graffiti rupestri degli animali, continuamente chiedendomi perché la persona mentre li stava dipingendo non abbia mai pensato a dipingere l’immagine di colui o colei che magari si trovavano accanto a far luce con il fuoco oppure dormivano poco in là, di un bambino addormentato avvolto nella pelliccia di un lupo. Ecco, mi dicevo e mi dico ancora che avremmo avuto l’immagine di come eravamo attraverso proprio come noi eravamo, ma invece la raffigurazione era tutta rivolta al mondo delle azioni e al senso che nella loro vita queste avevano. Una tale precisione nel riportare le figure animali sarebbe stato straordinario trovarla nella rappresentazione di momenti di vita e di altre attività, ci saremmo potuti vedere con i nostri stessi occhi in quei momenti.
Ma l’essere umano che non ha limiti e non ha un senso definitivo neppure è prevedibile perciò.
Devo ammettere che riflettendo lucidamente sui due punti chiave della mia scelta di essere artista, o forse di una condizione esistenziale già predisposta, Tiziano ed un artista primitivo, sono sempre più convinta di come l’arte sia contemporanea e di quanto sia la sola forma di contatto assolutamente positivo nelle forme dell’astrazione possibile all’uomo, dal momento che scaturisce da una necessità di comunione solitaria. Il gesto dell’artista è solitario ed intimo, perciò forse infinito.



