Intervista a Francesca Pasquali

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Gabriele Landi: Ciao Francesca, che lavori facevi all’inizio? 

Francesca Pasquali: La materia è sempre stata presente, sia ieri che oggi; un tempo lavoravo la gommapiuma, i filamenti di poliuretano espanso, oppure gli scarti plastici che avevo occasione di recuperare qua e là. Via via la ricerca sulle materie si è sempre più affinata fino alla comparsa di materiali più sofisticati e duraturi nel tempo.

Accumulo e intreccio erano (e sono tutt’ora) metodologie costruttive con le quali trattavo queste materie. Immergevo grandi lastre di gommapiuma di spessori differenti in vasche con acqua tinta di colorante; una volta asciugate, le sezionavo in fettucce che intrecciavo poi in reti metalliche. Nessuno strumento, se non le mie stesse mani che dopo poco si ferivamo per il continuo contatto con la rete rigida e tagliente. Queste reti, seppur ostiche, mi permettevano di dare una volumentria intrigante alle tessiture materiche, così che i lavori si sviluppassero sempre verso un ambito piuttosto scultoreo. Sono convinta che la tridimensionalità giochi un ruolo fondamentale nella connessione tra opera e fruitore.

La materia ammicca e attrae l’osservatore che incuriosito, avvicinandosi, rompe inconsapevolmente quella distanza che si interpone tra se e il lavoro stesso; i primi accumuli di cannucce per esempio, invitavano naturalmente il pubblico ad avvicinarsi per focalizzarne la texture e per scoprire con meraviglia che si trattava di vere e proprie cannucce alimentari. Un oggetto tanto semplice quanto complesso, che guardato attraverso la meraviglia raggiunge un certo grado di fascinazione e coinvolgimento.

Gabriele Landi: Segui delle strategie nella creazione della relazione fra il tuo lavoro e lo spazio che lo accoglie o tutto avviene più istintivamente?

Francesca Pasquali: L’intenzione è incessantemente quella di creare elementi armoniosi e naturali; seppur in contrasto con i colori accesi tipici delle materie plastiche, le strutture scultoree che creo evocano la morbidezza e la sensualità di certe forme organiche. “L’estetica è la chiave di volta che ci permette di rappresentare la realtà attraverso la materia, ricercandone armonia, simmetria e perfezione per restituire un’immagine più vera del vero”, mi suggeriva E.Gombrich ne “Il senso dell’ordine”.

Questo è il sentimento attraverso il quale un’opera o una nuova installazione nascono dall’ambiente in cui saranno allestite. Il luogo suggerisce la forma. E’ dunque un passaggio fondamentale che la materia venga incorporata e assimilata dallo spazio ospitante, così che le mie forme vivano di armonia, rigorose e logiche. I materiali stessi che utilizzo, cannucce colorate di diametri e lunghezze differenti assemblate tra loro, setole di scopa tagliate a ciuffi o sotto forma di lunghi filamenti intrecciati tra loro a evocare giganti chiome multiformi, ragnatori sferici incastonati in reti metalliche come fossero tasselli musivi contemporaneo, morbidi materiali isolanti arricciati e cuciti in un gioco di luci e ombre che ne accentua la volumetria, o fibre plastiche tessute e incuneate tra le trame e gli orditi di un virtuale telaio, tutti, proprio tutti, sono dettati dallo spazio. Tra ambiente e materia si instaura un dialogo simbiotico che l’artista chiede di ascoltare, in cui la forma di un singolo elemento, ripetuto all’infinito, diventa uno stimolo visuale e sensoriale che attiva sorpresa e stupore nel riconoscere la semplicità dell’ordinario reinterpretato nella preziosità dell’intreccio creativo.

Gabriele Landi: Le tue parole mi fanno venire in mente l’Architettura Barocca di Bernini esiste un’idea di spettacolarità nel tuo lavoro?

Francesca Pasquali: Beh, felice di aver stimolato un tale paragone, ben che io sia ben lontana dalla grandezza del Maestro. La dimensione ambientale è senz’altro uno tra gli aspetti che caratterizza le mie opere: il lavoro si moltiplica, si propaga in dialogo con l’ambiente, lo abbraccia e lo invade creando una seconda pelle, cangiante e materica, calzante e simbiotica. L’installazione appare così naturale, come fosse nata e cresciuta in quel luogo. Diventa architetturale, per il semplice motivo che ogni volta è ripensata e costruita per quella specifica posizione e in quel determinato spazio, a completamento di esso. Diventa pertanto unica e irripetibile.

La sottile tensione che si viene a creare tra contenitore e contenuto fa sì che il fruitore venga attirato e ammaliato dalla materia che lo incoraggia a scoprirne le innumerevoli sfaccettature.

Se ci rifletto, è proprio come mi è accaduto al cospetto dell’Apollo e Dafne o davanti al Baldacchino in San Pietro: mi sono trovata a girarvi attorno un numero infinito di volte perchè, come la pellicola di uno splendido film, ogni fotogramma era una nuova scoperta, dissimile alla precedente. Davanti ad alcuni miei lavori si è indotti a osservarne porzioni infinitesimali che mutano al mutare della luce e della nostra posizione in fronte ad essi; una messa in scena emozionale ed empatica che racconta la “plastica banalità” del quotidiano.

Gabriele Landi: Francesca a quali altri artisti guardi con interesse ?

Francesca Pasquali: Non so se la domanda contempli uno sguardo al passato, comunque partirei da: Caravaggio, Velazquez, Bernini, Turner, Degas… per poi arrivare a Verner Panton, Pino Pascali, Jackson Pollock, Piero Manzoni, Gianni Colombo, Burri, Kounellis, Richard Serra, Walter De Maria, Donald Judd, Christo Jean Claude, Tom Friedman, Bïork, James Turrell, Anish Kapoor, Ernesto Neto, Tadao Ando, Sheila Hicks, Lars Englund, Kate Mccgwire, Catrina Zilvinas, Kristof Kintera, Herzog de Meuron, Iris Van Herpen, Lara Favaretto, Thomas Saraceno… questi quelli che mi vengono in mente così di getto…

Gabriele Landi: La fisicità dei materiali che impieghi ed i loro colori non che la relazione con lo spazio in cui vai a realizzare il lavoro suppongo siano tutti aspetti che tu tieni in gran conto nella progettazione di un opera. Cosa cambia dal progetto alla sua realizzazione ?

Francesca Pasquali: Materia, colore e spazio sono senz’altro aspetti che devono sempre entrare in dialogo tra loro, così che un progetto abbia la corretta evoluzione 8così come raccontava Gombrich). Dalla fase ideativa a quella realizzativa l’aspetto emozionale cambia moltissimo, il fervore lascia spazio alla vertigine!! 

I momenti in cui ipotizzo e visualizzo lo sviluppo di un nuovo lavoro sono attimi stimolanti e vivaci, ma quando l’ipotesi prende concretezza, ecco, qui arriva l’ebbrezza. 

Un’emozione che a volte dura anche solo pochi secondi, ma che non vedo l’ora di rivivere nel progetto successivo. 

Nella fase embrionale (siamo ancora nella mia testa) per sommi capi formalizzo una nuova opera in modo alquanto spontaneo e naturale; il mio occhio seleziona preventivamente la materia più adatta a quel determinato progetto e ambiente. 

Ma l’istante (istante si fa per dire!! A volte sono giorni, a volte mesi…) in cui il “disegno” prende vita e invade lo spazio, ecco, questo è il momento in cui vengo pervasa da un brevissimo entusiasmo che rende il risultato più appagante del pensiero stesso.

La materia si costruisce in una “tessitura” fluida e cangiante, intrecciata dalle mani che la lavorano voracemente per poterne visionare l’esito nel più breve tempo possibile.

E’ certo che la cartina di tornasole è sempre determinata dal pubblico e dalla sua reazione che, nella maggior parte dei casi (fortunatamente), restituisce fondatezza all’idea immaginata dall’artista e addirittura la fa propria.

Gabriele Landi: Che importanza hanno i titoli nel tuo lavoro?

Francesca Pasquali: Straws ,Setole, Labirinto, Origami, Isole, Iceberg 

i titoli delle mie opere sono volutamente delle dichiarazioni tautologiche. Non c’è margine d’errore, quello che vedi, e’!

Non ho bisogno di esplicitare altro, ne al contrario di forviare il pubblico con parole macchinose o elaborate. Ci sono anche titoli composti da parole inventate, ma che rimandano comunque a ciò che stai guardando, o per il materiale coinvolto o per la texture che la materia evoca con i suoi avviluppi o arricciamenti: ne sono un esempio Spiderballs, Il fallimento di Pippo, Frappa, Plastic Plot

Infine mi piace senz’altro che i titoli abbiano un bel suono, una buona sostanza d’espressione e siano possibilmente spiritosi.

Gabriele Landi: Che cosa è F.P.A.?

Francesca Pasquali:

FPA è

Rifugio

Studio

Ritrovo

Archivio

Associazione

Laboratorio

Atelier

Casa

FPA, il mio studio, nasce dalla ristrutturazione di un vecchio fienile sulle colline appena fuori Bologna grazie anche alla collaborazione dello studio Ciclostile Architettura. 

Oltre ad essere un luogo di lavoro, immerso nel verde, dove penso e realizzo le mie opere, e’ diventato anche la sede dell’FPA Archive, l’archivio che raccoglie, cataloga e valorizza tutta la mia opera. Con la volontà di realizzare un’approfondita revisione e verifica della mia attività artistica sino ad oggi realizzata, e anche per quella futura, si intende, l’Archivio è costantemente aggiornato sotto la supervisione scientifica di Ilaria Bignotti. Tutto e’ nato nel 2015 adottando un innovativo sistema di autenticazione digitale dove le fotografie hanno ceduto il passo ai microchip!

FPA è anche un archivio di materie, oggetti, scarti, che accumulo e conservo in modo sistematico in una lunga scaffalatura industriale di fronte a grandi tavoli sui quali lavoro; i polimeri e tutti gli altri materiali sono catalogati in modo da essere costantemente sotto al mio sguardo e al momento giusto (a volte questo tempo dura anni) scatta lo stimolo per utilizzarli in un nuovo progetto. Tantissimi materiali sono scarti industriali, rigenerati o riciclati, altri sono oggetti d’uso del quotidiano, altri sono semplicemente stati abbandonati e recuperati perchè un giorno entreranno senza dubbio a far parte di un lavoro. 

Proprio in questi particolari mesi di lookdown all’FPA è nato un nuovo progetto al quale mi sto dedicando; si chiama FraP, art-à-porter; sto utilizzando una svariata quantità di materiali accantonati nel tempo per realizzare delle impressioni materiche sui tessuti di abiti vintage che ho scelto con cura, puntando sull’originalità; nella loro particolarità diventano assoluti pezzi unici. L’idea è di indossare un’opera d’arte customizzata su un capo o un accessorio con i materiali e oggetti d’uso che scarto dalle mie opere: cannucce, gomme, setole. Ognuna di queste materie ha una propria peculiarità, un suono, uno spessore, una texture che determina una traccia unica e inequivocabile. Alcuni diventano anche gioielli, come delle piccole sculture da indossare, morbide e sinuose. Abiti vintage acquistati da charity i cui proventi vanno a supportare progetti di volontariato, materie plastiche riutilizzate… nulla viene buttato, bensì rigenerato, sotto l’occhio attento dell’artista. E presto saranno anche in vendita!

FPA è anche un’Associazione Culturale, attraverso la quale organizzo laboratori collettivi per studenti, bambini e adulti e stage temporanei. Questo è senz’altro un modo per far si che le persone si avvicinino al mondo del contemporaneo con spontaneità e interesse. Seppur isolato, FPA Archive è un luogo d’incontro, di scambio, di partecipazione. A me piace che sia così! Credo che lo studio dell’artista debba essere a tutti gli effetti uno spazio aperto e accogliente, dove si lavora sul confronto e la collaborazione. Mi piace ospitare artisti, curatori, studenti e visitatori per vivere insieme un’esperienza a contatto con la materia. Per chi non lo sapesse, all’FPA c’è anche la possibilità di dormire, così che l’esperienza diventi un’immersione profonda e completa, a contatto con la natura e l’artificio.

Al centro della  ricerca di Francesca Pasquali c’è la trasformazione di materiali plastici e industriali e le relazioni tra naturale e artificiale, organico e inorganico, immersione e interazione.

Partendo dall’osservazione delle trame naturali, delle quali cerca di riprodurre le strutture e i pattern, Pasquali trasforma i materiali plastici e industriali in oggetti, ambienti e installazioni di grande complessità e lenta elaborazione. La metamorfosi è uno degli elementi peculiari della sua ricerca, intesa quale pratica processuale e manuale che dà vita ad opere di grande visionarietà, mutevoli, policrome e sensualmente attraenti per lo spettatore.

Francesca Pasquali (Bologna, 1980)

Ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Vive e lavora a Bologna.

Nel 2015 nasce FPA Archive, il Francesca Pasquali Archive, archivio coordinato sotto la supervisione scientifica di Ilaria Bignotti, che adotta un innovativo sistema di autenticazione con chip NFC. L’archivio conserva, archivia, tutela e promuove la produzione dell’artista.

Tra le mostre personali e collettive più recenti si ricordano:

2021 Labirinto, CUBO, Unipol Museo d’Impresa, Bologna. 2020 Recyclage / Surcyclage, Fondazione Villa Datris, Francia; Dynamic visions, from Vasarely to Pistoletto, Tornabuoni Art Londra; Plastic shapes, Leila Heller Gallery, Dubai; Arte Jeans, Museo Arte Contemporaneo Villa Croce, Genova, Ersel, Bologna. 2018 Sydney Opera House, Sydney. 2017 Tornabuoni Art Gallery, Parigi. 2016 Metamorphoses, Tornabuoni Art Gallery, Londra; Spiderballs, MOCA-Museum of Contemporary Art; Leila Heller Gallery, New York.

Residenze:

2021 Richter Collection-Museum of Contemporary Art, Zagabria. 2019 MACRO ASILO, Museo MACRO, Roma. 2014 Fondazione Henraux, Querceta.

Premi:

2019 vince il bando di concorso Villa la Saracena, Roma. 2018 tra gli artisti selezionati per il Premio Fondazione VAF Stiftung. 2017 tra gli artisti nel progetto curatoriale di Ilaria Bignotti selezionato da BIENALSUR, International Contemporary Art Biennal of South America. 2015 finalista del Premio Cairo. 2014 vince il secondo premio Fondazione Henraux.

Numerose le collaborazioni con aziende e imprese internazionali:

2019 Faliero Sarti. 2018 Safilo e Sergio Rossi. 2017 Nike e Melissa. 2016 Salvatore Feragamo e Ilip. 2014 Itlas.

Collezioni pubbliche:

Fondation Villa Datris, Parigi; Boghossian Foundation, Villa Empain, Bruxelles; Ghisla Art Collection Foundation, Locarno; Henraux Foundation, Querceta; MOCA, Museum of Contemporary Art, Londra; Patrimonio Gruppo Unipol, Bologna; Sydney Opera House, Sydney; Fondazione Thetis, Venezia.