Intervista a più voci ad Azzurra Immediato

le domande sono di Anna Rosati, Giovanni Gaggia, Fabio Ricciardiello, Giuseppe Leone, Matteo Attruia

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Anna Rosati, fotografa e visual artist, Bologna

La fluidità delle immagini riuscirà a cancellare la materialità dell’arte?

Azzurra Immediato: È da un po’ che si discutono certe dinamiche e alcuni processi i quali, a partire dalla tecnica o dalle volontà e i desiderata progettuali, hanno affrontato sviluppi plurimi. In taluni casi si è giunti ad una sperimentazione inaudita, tal altri si è addirittura tornati ad una necessità di fare un passo indietro per tornare alle origini. Se la Storia dell’Arte è anche riflesso della Storia dell’Uomo, o meglio, è essa stessa parte imprescindibile della storia umana, sarà ovvio imbattersi in cicli storici, i famigerati corsi e ricorsi. Il vero dramma è quando tutto accade senza una giusta conoscenza ex ante. Laddove si è giunti ad una sana commistione, frutto di indagine, ricerca, sperimentazione, i linguaggi hanno saputo dialogare, declinando le proprie grammatiche in idiomi corali; ecco, dunque, la possibilità di missare i media, far intervenire quella che tu chiami ‘fluidità delle immagini’ nell’intrinseca realtà della materia e viceversa. Gli esempi sarebbero molti e lasciamo ai lettori il compito arguto di innescare una curiosità di analisi. Molti sono spaventati dal digitale e così non deve essere. Lo scardinamento apparente tra reale e digitale si ferma al limite dell’incapacità di varcare la soglia dell’immaginifico. Anche i libri stampati da Gutemberg erano figli di una nuova ‘tecnologia’… Il tuo lavoro lo dimostra: da pioniera dell’iPhonegraphy sei riuscita a portare la ‘materialità del concetto artistico’ là sembrava impossibile, grazie ad un piccolo oggetto come il cellulare con fotocamera, figlio della fluidità high tech del Duemila. Lo scatto digitale ha preso forma corporea, materica, diventando opera d’arte museale, opera di collezione privata, libro, progetto charity, compendio universitario. L’immagine, che pure pare esser caduta nel viluppo turbinante dei social media, se ha qualcosa da dire, se racconta una verità, surreale o reale che sia, mantiene la sua forza materiale.

Giovanni Gaggia, artista e fondatore di Casa Sponge, Pergola (Pu)

Mi piace immaginare che alla tua figura professionale venga associata anche la parola politica con l’accezione più elevata del termine, che contempli una modalità di agire etica che guardi alle comunità umane. A maggior ragione oggi, senza entrare nel dettaglio di ciò che stiamo vivendo lo riassumo così: 2020. Ri-pensare […]

Azzurra Immediato: (Ri)Pensare, modulo il concetto con questa altra forma grafica per porre l’accento sul fatto che Pensare debba restare ugualmente l’azione principale anche di una revisione del nostro tempo. Il 2020, senza alcun dubbio, ci ha indotti a guardare con occhi nuovi, d’improvviso, ciò che era noto, scontato, ovvio, sicuro. In un sol colpo, i nostri piani sono mutati. Si dice che il cambiamento, il rinnovamento siano sempre un elemento fondamentale nel corso della vita. La teoria, come sempre, non fa una piega. E nella pratica? Nella pratica è come trovarsi dinanzi alle pagine di saggi di sociologia, economia politica, dove tutto scorre secondo piani ben regolati dalla logica, dalla conoscenza, dalla concatenazione oggettiva di cause ed effetti. Ma il mondo dell’arte, così come eravamo abituati a viverlo, non era pronto al 2020. O meglio, lo era ma solo una parte di esso. Il mercato dell’arte, quello che da sempre mantiene vivo il grande fatturato, ha retto benissimo il colpo della pandemia, per un semplice quanto audace – agli occhi di molti – motivo: in un periodo di abbrutimento, incertezza e paura, dai piccoli ai grandi collezionisti, sino ai nuovissimi collezionisti, tali figure hanno sentito la necessità di rifugiarsi nell’abbraccio dell’arte. Non per possedere un pezzo di valore – seppur di investimento si tratta – ma per esser posseduti dalla forza della vera grande arte – e non di quella semplicemente famosa – Durante il primo lockdown, il mondo e l’intera politica dei Paesi che osiamo definire avanzati, ha spento i riflettori su musei, biblioteche, fiere, cinema e teatri, senza differenziazioni, con una azione spinta dall’immensa paura che ha colto tutti. Di fronte alla malattia ed alla morte la cultura è stata fermata. Non fosse che, in verità, essa ha continuato a sopravvivere grazie alla propria tenacia ed organizzandosi, in autonomia, attraverso il digitale ed i social media. Questo ha favorito e sfavorito l’arte al tempo stesso.

Tu, ad esempio, con Casa Sponge hai compreso da anni il valore di uscire dagli stereotipi mainstream o metropolitani per vivere la consapevolezza dell’arte nella sua essenza primigenia, per tornare ad una purezza ormai perduta, una purezza che, in realtà, poi si ritrova in tutta la tua ricerca artistica anche quando la proponi alla Biennale di Venezia.

Tuttavia, al di là delle situazioni nate sull’onda del Covid19, come ben sai, è dal 2018/19 che con Massimo Mattioli, riflettiamo – in maniera forse preveggente – sul concetto di ‘Emergenze Artistiche’ sia intese come emersione ma anche come grido d’allarme di qualcosa che, è evidente, non funziona. Il 2020, mi auguro, possa tradursi nel corto circuito definitivo – ma credo sia ancora chimerico desiderio – di far fuori il superfluo per dar giusto rilievo a ciò che conta, davvero: l’Arte e ciò essa offre. Ulay ripeteva che ‘senza etica, l’arte e l’estetica sono cosmetica’ e questo è il baratro in cui siamo da anni per cattiva politica, in particolare nel nostro Paese, dove la cosmesi dell’arte e del suo stretto giro di piccoli furbetti ha assunto il potere, accaparrandosi i frutti di un sistema già obsoleto, non lasciando a chi davvero fa ricerca, sperimentazione e educazione all’arte, neppure le briciole. Sino a che in Italia il solo rapporto tra Arte & Politica continuerà ad essere quello degli accordi sottobanco dei soliti noti e dei piaceri da grande palcoscenico, non potrà esserci un vero cambiamento. Sino a che le comunità umane cui fai riferimento saranno suddivise in ‘classi’ di area politica e, come tali, destinatarie di favoritismi o  di parzialità, continueremo a scorgere persino nei musei che consideriamo bagliori del contemporaneo, le mostre del vip di turno o, peggio, del cabarettista e dell’ex showgirl su cui, spenti i riflettori, è cascata la pittura o capiterà ancora – riferimenti affatto casuali – veder nascere partiti politici da simil figuranti..

Ri-Pensare deve essere un’azione con radici duplici: politiche e governative – lo studio dell’Arte nelle scuole oggi è ridotto e lasciato considerare di secondo ordine – tese ad  azioni mirate alla valorizzazione reale del patrimonio non già e non solo antico e moderno ma anche contemporaneo che sappiano scorgere nell’arte il vero volano della ricostruzione economica, sociale, culturale, urbana ed extraurbana del futuro che, è bene ricordarlo, inizia ora. La ricostruzione con cui dovremo fare i conti non può aver luogo senza coinvolgere l’arte e la cultura: altrove, oltreconfine, ci sono riusciti con successi incredibili ed i riscontri sull’intera vita della popolazione è tangibile.

A volte, però, ho come l’impressione che, in Italia, noi dell’arte e le istituzioni parliamo lingue diverse:  osserviamo l’inutilità burocratica di alcuni bandi che sembrano progettati per essere abbandonati o  come quando sono le istituzioni stesse a pretendere di ripagare il lavoro artistico con ‘la visibilità’: oscenità in luogo pubblico, direi. La politica deve ricominciare a farsi forza della filosofia e della cultura, delle arti se vuole davvero non essere fagocitata dal buio che essa stessa ha creato.

Ogni cosa che facciamo è politica, se comprendessimo meglio questo, agiremmo con una maggiore etica. Ai miei colleghi e a tanti artisti consiglio di rileggere Platone, Gramsci e Pasolini, ma anche quanto compiuto da Corrado Ricci, e leggere Il codice dei beni culturali e del paesaggio e i primi dieci articoli della Costituzione Italiana. È dalle basi che possiamo raggiungere le altezze…

Fabio Ricciardiello, fotografo, scultore, designer, Milano

Dovendo porti una domanda durante il periodo storico che stiamo vivendo, risulta quasi impossibile formularla senza prendere spunto dal periodo stesso. Le varie restrizioni, i lockdown hanno definitivamente soppresso un sistema che era fatto di luoghi e numeri di presenze agli eventi. Ci siamo trovati ad assistere a tutta una serie di dirette goffe e noiose sui vari social, figlie della paura di essere dimenticati più che di una necessità comunicativa.

Una delle affermazioni che più sento in questo periodo è che, quando tutto sarà finito, si dovrà cercare, ideare un nuovo sistema dell’arte. Tu riesci a disegnare una mappa di quello che è stato, evidenziare cosa tenere del passato e tracciare un contorno di cosa attenderci? Come fosse un presagio del prossimo futuro o un desiderio di quello che vorresti che fosse.

Azzurra Immediato: Ideare una mappa è il primo passo di una ricerca di felicità, significa tracciare, nero su bianco, il proprio desiderio ed accingersi a dar avvio alla propria avventura, che sia solitaria o collettiva. Rendere reale ciò che appartiene e vive nell’immaginazione è una sfida complessa, sei tu ad insegnarlo a me con la tua ricerca scultorea e ceramica ed anche con la creazione di universi paralleli fotografici che narrano ciò che, talvolta, non esiste se non nella dimensione immaginifica. Eppure la mappa è una visione di prospettiva futura. Nelle prime settimane del 2020, quello che, per molti, avrebbe dovuto essere l’anno di grandi cambiamenti si è trasformato in un incubo: l’intera agenda saltata, i piani calendariali cestinabili; l’itinerario idealizzato e programmato da tutti noi ha subito uno stravolgimento. Presto, come ben dici, tutto si è spostato online, con pochi validi esperimenti e, ammettiamolo, anche molta improvvisazione, non di mezzi quanto di contenuti. I 15 minuti di celebrità teorizzati da Andy Warhol si sono tradotti nei 60 minuti delle dirette instagram, nei 30 minuti gratuiti delle piattaforme di web video meeting. D’un tratto, il mondo era in casa nostra, sia che lo avessimo invitato sia che avessimo tentato di chiudere bene la porta digitale. Per questa seconda ondata mi sono ben attrezzata, vietando a tutti di video chiamare senza appuntamento e solo ed esclusivamente se necessario: se fino al 2019 il rapporto che intercorreva con molte persone era solo ed esclusivamente telefonico o di posta elettronica pretendo resti tale. Perché? Perché lo scorso maggio ero nauseata da tanta sovraesposizione e i bei progetti che sono nati nel 2020 sono stati solo in parte attraversati dalla furia delle webcall che, al contrario, credo ci abbiano rubato tempo preziosissimo per pensare, riflettere, guardare al nostro lavoro con la giusta pausa filosofica. Non dico che l’online sia l’inferno, anzi, è una nuova dimensione del nostro mondo ma che esso possa storcere quel nostro mondo non ha senso. Durante molti incontri del primo lockdown ho conosciuto artisti e professionisti che parevano irraggiungibili altrimenti e, invece, eravamo lì, faccia a faccia, davanti ad un pc con immense possibilità di scambio intellettuale. Ho avuto modo di entrare negli atelier di molti artisti, come nel tuo, ad esempio, e scoprire straordinari work in progress – anzi, insieme abbiamo anche immaginato come sarebbe stato uno dei tuoi più interessanti progetti corali di narrazione fotografica che ha visto la luce in primavera, ‘Dove tu non sei’, una vera mappa ideale  – ma ho potuto vedere via video favolose collezioni private ed anche dar vita ad un progetto di videoarte – Cura Cultura con Arteprima Progetti –

Tutto però, poi è ripreso nel mondo là fuori, abbiamo lavorato di nuovo di persona, sentendoci liberi in un certo senso.  E la mappa? È rimasta nel cassetto? No, è certamente sulla scrivania, la osserviamo almeno una volta al giorno, ci ragioniamo, ci fantastichiamo e intanto, mentre tentiamo di rincorrere il tempo perduto, ecco che il Covid ha sospeso tragitti nuovamente ipotizzati per l’autunno ed il prossimo inverno. Su quella mappa pare di essere fermi sul ponte sospeso: indietro non si torna, la nebbia non lascia intravvederne la fine, ma il burrone è molto profondo. Cosa succederà? Nel nostro mondo se lo chiedono tutti e nessuno ha la risposta. Primo perché non vi sono certezze che giungano dalle aule del potere che, al contrario, continuano a tener chiusi i luoghi della cultura ma, ammettiamolo candidamente, raramente sono luoghi affollati, su cu, però, il mancato apporto va a sommarsi ad una politica che sembra correre – da sempre – in direzione opposta alle nostre aspettative e richieste. Dunque, cosa fare? Fabio, ne abbiamo parlato proprio pochi giorni fa, ricordi? Se durante il primo lockdown sentivamo la necessità impellente del fare-fare-fare, adesso tocca riprendere fiato, ripensare a ciò che è davvero necessario e, senza false illusioni, capire come agire per il futuro, a partire da adesso.

Sulla mappa che potremmo disegnare, dovremmo tentare di uscire dal groviglio caotico in cui tutti ci siamo gettati a capofitto per il terrore di scomparire e concentrarci solo su alcuni elementi preponderanti, fare progettazione, in qualche modo. Abbiamo portato il multitasking all’ennesima potenza evidenziandone l’inutilità psichica e produttiva. Torniamo a concentrarci su cosa conta davvero, il tragitto dal punto A al punto B sarà certamente complicato ma, i labirinti millenari creati dagli artisti ce lo insegnano, troveremo la via d’uscita nel modo migliore sulla scorta di quanto di buono è stato compiuto – e bisogna tornare parecchio indietro – e portare la nostra esperienza del 2020 non come fardello ma come espressione di sopravvivenza ad un mondo che muta più velocemente e l’arte, gli artisti lo avevano previsto: saprete voi guidarci, anche stavolta, come è sempre stato, da che l’uomo è sulla Terra.

Giuseppe Leone, artista e accademico, Benevento/Napoli

L’arte nell’era del web: la figura sdoganata dell’artista e la funzione del critico d’arte che ha il compito di scindere l’arte vera dall’improvvisazione.

Qual è oggi la missione del critico d’arte nel marasma di visioni artistiche che prendono voce attraverso il web? Quanto ad oggi il multimediale può aiutare l’artista ed il critico?

Azzurra Immediato: Giuseppe carissimo, nelle nostre lunghe e frequenti conversazioni, da cui spesso nascono progetti, articoli, mostre e ulteriori dialoghi condivisi con altri attori di questo nostro mondo, ci siamo molto interrogati sulla figura dell’artista di oggi, sdoganata perché tutti credono di poter ‘fare’ gli artisti, ‘improvvisando’ con quelle che, altrettanto spesso abbiamo definito “le trovate per fare colpo”. Il critico, il curatore, il giornalista, figure che spesso si compenetrano o affiancano, dovrebbero seguire i concetti alla base delle tue famigerate ‘3 E di Leone: Etica, Estetica ed Educazione’. Se prendessimo questi tre ideali come fari da seguire, non dimenticheremmo mai di agire in modo corretto e coerente sapendo anche distinguere ch  È artista da chi FA l’artista. Oggi, purtroppo, le professioni culturali ed intellettuali sono ridotte – dal pensiero di massa e dal pensiero governativo, oramai dagli anni del berlusconismo – ad ameni passatempi che un certo protettorato ed un certo nepotismo hanno portato avanti seminando il nulla, il vuoto e l’ignoranza. Pertanto, tocca a noi nuove leve ripristinare e combattere perché la verità dell’arte emerga in tutta la sua forza, tornando all’essenza ed alla purezza del pensiero. Pensiero che non può più prescindere dalla conoscenza della Storia dell’Arte; che non può più permettersi di non riconoscere quanto già fatto e apprezzarlo come omaggio al passato e non come scoperta del già (ig)noto. Pensare il presente non lo si può fare senza conoscere il passato. Con te abbiamo impresso il concetto di ‘arte profetica’ affermando uno dei valori della tua ricerca e delle tue opere, proprio perché calarsi nel reale significa saperlo leggere secondo una prospettiva ampia, non ferma sul qui ed ora, latori di una moltitudine caotica di visioni, spesso indifferenti meteore nella volta celeste dell’arte. Mi chiedi del web e credo sia uno strumento, un universo validissimo, permettendoci di scoprire cosa accade nell’atelier di un artista che apprezziamo e che vive dall’altra parte del mondo, o cosa espongono i musei disseminati nelle capitali estere. Come tutte le grandi rivoluzioni, il web ha dato voce anche a delle storture, ma quelle, in effetti, restano anche in certe ‘nobili’ edizioni a stampa: le famigerate enciclopedie annuali di arte, nelle cui pagine si è inseriti come artisti dopo aver lautamente pagato e ciò che emerge da quei volumi, molte volte, è carta da ardere. Il web e gli addetti ai lavori debbono saper dire no alle ‘operazioni’ furbe e di poco conto, lo abbiamo ripetuto ieri al telefono: la qualità deve essere la nostra stella polare, è il solo modo per non perdersi nello sciame di stelle cadenti che, mi auguro, scompaiano al più presto da certi panorami. Oggi, dunque, il web, saturo di immagini, video, opere, artisti o presunti tali, può persino aiutare un utente a comprendere immediatamente le differenze non tra bello e brutto – giammai – ma tra vero e fasullo. Una viewing room non sarà mai come visitare una galleria od un museo, ma se le opere sono di grande qualità, se raccontano ciò che davvero devono narrare, attraverso la multimedialità ci è offerta la possibilità straordinaria di essere virtualmente a New York, Londra, San Pietroburgo, Roma, Napoli, Tokyo ma ciò che deve sempre seguirci è l’onestà intellettuale.

Matteo Attruia*, artista, Pordenone

Quale è il ruolo dell’arte in un momento come questo? È più o meno indispensabile? Un vecchio filosofo diceva che solo l’arte e la scienza sono indispensabili, il resto è contorno… sei d’accordo?

Azzurra Immediato: Il concetto di ‘indispensabile’ ha assunto, nei secoli, connotazioni molto labili, sino a giungere al paradosso di rendere il superfluo qualcosa di irrinunciabile. L’arte, che era considerata imprescindibile nello svolgersi della vita, sia come elemento di comunità che come fattore generante una identità, e poi ancora come quid rivoluzionario, oggi subisce una vessazione. Konrad Fiedler designava, nell’Ottocento, l’arte come «linguaggio al servizio della conoscenza» la cui valenza risiedeva non nell’esser considerato un «accessorio alla vita, ma come indispensabile estrinsecazione di vita» . In questa sottile ma profondissima differenza risiede ciò che, a parer mio, abbiamo, nuovamente perso di vista: il valore intrinseco dell’arte, ovvero quello in cui sostano ed insistono l’attitudine e l’educazione alla conoscenza, alla ricerca, allo spirito critico. Senza permettere che il discorso possa qui abbassarsi alla retorica populista né somigliare alle flebili voci che echeggiano nelle sole torri d’avorio, molte delle colpe di quanto oggi appare come ‘accessorio’ – e la pandemia ne ha evidenziato bene alcuni fattori – è da cercare nella mancanza di una vera critica militante – che non è affatto anacronistico desiderio – e nella presenza di un’arte o pseudo tale, ‘furba’. È accaduto che quel ‘resto’, quel ‘contorno’ hanno preso di forza ruolo attoriale principe nella discussione artistica. Chi osserva, ad esempio, il tuo lavoro, spesso, sorride dinanzi all’ironia che, fulgidamente, ne emerge, ma, purtroppo deve sforzarsi per avanzare nella lettura che, invece, apre a sconfinati mondi ed impensabili ragionamenti. Colpa dei social media, si dirà. Colpa delle fiere – fino al 2019 – affollate da presenzialisti e da collezionisti per opere da salotto. No, o forse si. Ma ciò che trovo inaccettabile è la deresponsabilizzazione. Non possiamo più immaginare di progettare mostre instagrammabili, di visitare mostre pro canali di condivisione social. Dovremmo, dobbiamo, tutti, tornare a farci influenzare dalla conoscenza per far sì che diventi comprensione. Questo, naturalmente, dovrebbe partire dalla formazione in età scolare ma anche in ambito familiare. Anni fa si diceva che ‘L’arte è roba da ricchi’ ed in parte è così. Ciononostante gli strumenti, ben oltre la semplice e datata enciclopedia stampata, sono alla portata di tutti; manca la volontà di affrontare il discorso ed il dialogo con l’Arte contemporanea, il terrore di non capirla, la paura di non saperla leggere. Il tuo agire, che mi ricorda molto l’intelligenza di Flaiano o l’ironia di Bontempelli può essere un buon metodo per riprendere una conversazione con l’arte e capire il nostro tempo. Anche da casa, sul divano, in lockdown. E pensare se l’arte sia IN_UTILE (il titolo di una tua audace opera del 2018) o porre dinanzi al portone di casa uno zerbino con su scritto WELCOME IDIOTS (altra tua meravigliosa opera che mi ha spinta a cercarti e conoscerti) mostrano la necessità di pensare attraverso i linguaggi colti dell’arte, proprio come proponi – ed insegni – tu. 

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Matteo Attruia, mi ha posto, in verità, quattro interessanti domande, ma secondo la volontà di Gabriele Landi, potevo sceglierne solo una. Tuttavia, la mia preferita, che attesta il grado di ironico concettualismo alla base di ogni discussione con l’artista, sarebbe stata l’ultima questione proposta: “Qual è la domanda che non ti hanno mai fatto e che vorresti ti fosse fatta ora?”

Geniale, as usual.

Matteo, naturalmente, questa.

Azzurra Immediato, storica dell’arte, curatrice e critica, Senior Partner e Art Curator per Arteprima Progetti. Editor per ArtsLife, Photolux Magazine, Il Denaro, Ottica Contemporanea, Rivista Segno e alcuni quotidiani, indaga progetti artistici multidisciplinari, focalizzandosi su fotografia, arti performative e video arte, ed è nel board scientifico del progetto IAR, International Artist Residency.  È tra i promotori e firmatari del Manifesto Art Thinking. Direttrice artistica della Sezione Fotografia del festival VinArte dal 2018 e ideatrice, con Massimo Mattioli, del progetto Imago Murgantia. Collabora con il Photolux Festival in veste di docente di workshop ed assegna alla cultura il ruolo fondamentale di processo e dispositivo fondamentale di ogni attività, risposta ai bisogni e ai desideri, strumentazione emotiva per l’impresa, gli individui e i territori. Inoltre, nel 2020 ha intrapreso una collaborazione con lo Studio Jaumann, unendo il mondo dell’Arte con quello della Giurisprudenza e della Intellectual Property.