Intervista a Andrea Marini

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Gabriele Landi: Ciao Andrea su che cosa stai lavorando?

Andrea Marini: Non è facile dire a cosa sto lavorando, nel senso che, forse, lavoro sempre alla stessa cosa, o meglio alle infinite variazioni che il mio flusso interiore mi suggerisce. Fondamentalmente a me interessa costruire degli oggetti che siano il più possibile testimoni della realtà che ci circonda e la interpretino nel modo più personale esignificativo possibile. Penso che l’artista debba sempre tenere attiva una sorta di antenna capace di captare i messaggi, le istanze del mondo circostante e debba, di conseguenza, saper cogliere il così detto “spirito del tempo”. Ultimamente, oltre alla mia consueta produzione, ho iniziato una serie di lavori che chiamo riesumazioni : partendo da oggetti abbandonati cerco di infondere loro nuova vita. Non la considero un’ operazione di riciclaggio ma di “rivitalizzazione” di oggetti morti.

Per ora ho creato quattro di questi lavori, non so quando farò il prossimo… aspetto di trovare un altro oggetto morto che mi chieda di essere “rivitalizzato”.

Gabriele Landi: Per queste “rivitalizzazioni” vedo che spesso usi dei tubi di vario materiale, plastica, metalli come rame, piombo… che importanza ha la scelta della materia nel tuo lavoro?

Andrea Marini: Chiaramente la scelta di un dato materiale ha la sua importanza, normalmente è conseguente al tipo di lavoro che ho in mente,  cerco cioè di realizzare un dato oggetto con il  materiale più idoneo a costruirlo. A volte però può succcedere anche l’inverso, cioè è la scoperta di un dato  materiale  che mi suggerisce il lavoro da fare. Spesso poi, cerco di scegliere un materiale che mi consenta di risolvere la costruzione dell’opera nel suo farsi: parto cioè da un’idea di forma che si struttura solamente mentre la costruisco. E’ questo il caso di lavori realizzati con il filo spinato quali nidi, trappole, antropoide, habitat, ecc, oppure quelli ottenuti assemblando sfere in polistirolo come: informi, intrusi, transformers, herpes. Nel caso specifico delle “riesumazioni” ho completato il reperto che mi ha incuriosito e stimolato inserendo materiali che lo stesso oggetto mi ha suggerito in modo da “rivitalizzarlo” conferendogli a volte un aspetto vagamente zoomorfo o vegetale oppure più alchemico.

Gabriele Landi: Il disegno ha importanza nel tuo lavoro?

Andrea Marini: Il disegno è stato molto importante soprattutto nel periodo iniziale della mia attività. In questo periodo, dal 1987 al 1992 circa, ho sviluppato una ricerca di tipo geometrico e mi sono dedicato a costruire delle strutture, che mi piaceva denominare “architetture sensibili” per il loro dialogare con fenomeni e dinamiche interiori. Per questo tipo di ricerca, piuttosto rigorosa, eleboravo quasi sempre disegni molto precisi e dettagliati di tipo progettuale che mi permettevano di calcolare il giusto rapporto dimensionale delle forme e l’equilibrio delle materie.

Successivamente, quando ho iniziato una ricerca di tipo più organico, ho abbandonato un approccio troppo analitico con il disegno e ancora adesso continuo ad eseguire soltanto rapidi schizzi che mi servono a fermare l’idea di ciò che voglio realizzare e contemporaneamente  verificarne la validità. Lascio poi  che sia la materia e la costruzione stessa nel suo farsi, a risolvere l’opera e infonderle vitalità.

Gabriele Landi: Nel tuo lavoro dagli inizi ad oggi sembra esserci un’evoluzione verso una maggiore libertà inventiva prima della forma ed ora anche della materia. È un aspetto che hai cercato in qualche modo?

Andrea Marini: Mentre stavo sviluppando la ricerca di tipo geometrico, come ho già detto di per sè piuttosto rigorosa, mi sono sentito un pò ingabbiato, vincolato. Perciò, a un certo momento, ho sentito il bisogno di affrontare un lavoro più organico che mi garantisse una maggiore libertà creativa e mi consentisse anche di affrontare, più direttamente, il tema che mi sta particolarmente a cuore:  creare o meglio ri-creare una sorta di naturalità innaturale,  sintomatica e conseguenziale del controverso rapporto uomo- natura che stiamo vivendo.

E’ inevitabile quindi che dovendo affrontare l’elaborazione di un “nuovo universo”, che nella mia ricerca coinvolge sia il mondo vegetale che quello antropomorfo e zoomorfo, abbia sentito, nel tempo, la necessità di sperimentare più forme e materiali possibili per indagare e ricreare in modo personale ed esauriente un panorama così affascinante e complesso.

Gabriele Landi: Di questo tuo mondo riesci ad avere una visione completa o è sempre una visione parziale?

Andrea Marini: Quando creo questo “nuovo mondo” non ho mai una visione pianificata, ben definita, mi lascio invece guidare da stimoli, sensazioni, intuizioni e di conseguenza soluzioni che possono variare continuamente nel tempo. Mi attengo comunque a delle linee guida che mi consentono di seguire un filo conduttore e mi permettono di garantire una certa omogeneità alla mia ricerca:

– Vorrei creare degli oggetti non del tutto risolti nella loro conformazione ma colti in uno stato di crescita, di cambiamento quasi fossero degli organismi viventi.

– Non vorrei che le mie opere fossero soggette ad una interpretazione univoca. Vorrei invece che il loro messaggio risultasse ambiguo e quindi aperto ad una molteplicità di interpretazioni in modo da aprire nuovi varchi all’immaginario.

– Non vorrei che gli oggetti che costruisco possano essere collocati in un’era ben definita ma vorrei che facessero parte di un mondo primordiale e contemporaneamente appartenere ai primordi di una nuova era in modo da coniugare il non ancora presente con l’originario.

– Vorrei, infine, che nei miei lavori, pur nella loro sostanziale essenzialità di linguaggio e leggerezza costruttiva, trapelasse sempre una “sottile inquietudine” perchè, secondo me, solo così si può far scaturire un’idea di “bellezza”.

Andrea Marini è nato nel 1948 a Firenze, dove ha conseguito la maturità artistica e la laurea in architettura.

Vive a Firenze e svolge la sua attività artistica, iniziata con continuità alla fine degli anni ottanta, in uno spazio industriale in località Calenzano (Firenze).

Ha partecipato a numerosi eventi e mostre in Italia e all’estero.

Le sue opere sono presenti in collezioni pubbliche e private.