Intervista a Peter Demetz

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Gabriele Landi: Ciao Peter, quando e come inizia la tua passione per la scultura?

Peter Demetz: Ciao Gabriele, inizia nella mia infanzia, quando entrando nei i laboratori degli intagliatori e scultori del mio paese Ortisei, vidi come facevano nascere dal legno di cirmolo delle figure con le loro mani. Rimasi talmente affascinato che nacque in me il sogno di diventare scultore anch’io. Dopo, durante la mia formazione artistica, avendo conosciuto le opere di Tilmann Riemenschneider, Gian Lorenzo Bernini e Ignaz Günther mi resi conto che la scultura è il mio mondo.

Gabriele Landi: Come mai hai scelto di lavorare con il legno?

Peter Demetz: La Val Gardena è famosa per i suoi 400 anni di tradizione nella scultura lignea. Nelle vicinanze di casa mia ero praticamente circondato da scultori e intagliatori del lagno. Questo bellissimo materiale, con i suoi profumi, la sua naturalezza, i colori e la superficie calda, mi è da sempre piaciuto. Per questo per me era molto naturale iniziare a lavorare nel legno. Dopo la mia formazione e l’approccio al modo dell’arte, la scelta di usare il legno è diventata più consapevole. Ho provato altri materiali, ma nessuno aveva le caratteristiche così adatte al mio lavoro.

Gabriele Landi: Hai mai sentito nel tuo lavoro il peso della tradizione della scultura lignea?

Peter Demetz: La tradizione è un valore collettivo in una società, ogni scultore invece ha i suoi valori individuali. Semmai è la formazione che ti trasmette dei valori che possiamo chiamare tradizionali. Pertanto mi sento di dire che non ho mai sentito questo peso. Ho sempre visto la sapienza e la tecnica dei nostri avi come uno strumento, un attrezzo da usare quando è utile, ma mai come una strada prescritta da dover seguire.

Prima di ogni opera d’arte contemporanea ci sono migliaia di anni di storia dell’arte. Nessun’opera può essere letta negando questo passato. Penso che un’opera contemporanea che lasci intravedere o percepire delle radici di provenienza storico-artistica, possa avere senz’altro un valore aggiuntivo.

Gabriele Landi: Che importanza ha la rappresentazione dello spazio in quello che fai?

Peter Demetz: Negli anni è diventato fondamentale. Lo spazio, spesso alterato o solo immaginario, nelle mie opere è quella parte del mio lavoro privo di informazioni. Con pochissime linee, quasi sempre orizzontali e verticali, e soprattutto con l’utilizzo della luce, creo uno spazio fittizio. Siamo noi spettatori ad immaginarlo, a vederlo a seconda delle nostre esperienze visive nel mondo reale. Le persone nelle mie opere, preferisco chiamarle persone e non figure, hanno questo ruolo importante di dare credibilità alla scena. Ci invitano a seguirle nel loro mondo privo di distrazioni, nel quale noi restiamo solo noi stessi, senza tempo e soli a guardarli, e a guardare lo spazio nel quale sono presenti. Questo spazio diventa il nostro spazio, il silenzio dove possiamo ascoltare noi stessi, dimenticando le mie sculture.

Gabriele Landi: Ti interessa l’idea di teatrino di messa in scena?

Peter Demetz: È vero, le mie opere sembrano dei teatrini, sceneggiature. Per me non lo sono invece, semplicemente perché non raccontano storie, non hanno trama. Chi sono? Cosa succede? Dove? Niente di ciò viene trasmesso allo spettatore.

Gabriele Landi: La sospensione metafisica delle scene che rappresenti ha una sua importanza?

Peter Demetz: Certamente. Lo spazio, la luce, il silenzio, l’atemporalità. Io come autore non devo disturbare l’intuizione, l’immedesimazione, la libertà dello spettatore. Se le persone che raffiguro sono di una naturalezza credibile, nel senso che noi vogliamo credere che esistano davvero, tutto il resto, in gran parte almeno, deve essere metafisica. Ho bisogno di questo contrasto, del silenzio. Altrimenti le mie opere rimarrebbero delle citazioni, delle fotoricordo.

L’autore norvegese Erling Kagge ha scritto un libro dal titolo “silenzio”, sono 33 tentativi di spiegare cosa sia il silenzio, dove lo troviamo. Lui sostiene che il silenzio è soprattutto una condizione mentale, una stato che possiamo trovare dentro di noi. Ebbene, io ho sempre cercato nella mia scultura questo silenzio interiore.

Gabriele Landi: Che idea hai del tempo?

Peter Demetz: Gran bella domanda. Sicuramente non è la sola suddivisione della nostra vita in anni, ore e secondi. Per me è come un desiderio, quasi ansioso di poterlo afferrare, possedere, disporne. Lo vedo come una dimensione, uno spazio che siamo costretti a percorrere (ahimè) in una sola direzione. Sì, per me è uno spazio.

Gabriele Landi: Che valore attribuisci al colore nel tuo lavoro?

Peter Demetz: Il colore ha un ruolo emotivo nell’opera. Non ha la funzione di creare immagini fisiche, materiali. Il colore indirizza la percezione dello spazio e ne caratterizza atmosfera. Anche se non può esistere un consenso generale sulla percezione, sull’effetto psicologico dei colori, io li uso naturalmente seguendo i mie parametri, la mia intuizione. Pertanto non ho mai la certezza di come l’emozione, l’atmosfera che cerco di creare vengano percepite.

Peter Demetz

1969 nato a Bolzano (I), vive e lavora ad Ortisei (BZ). 1983-84 frequenza dell’istituto d’arte di Ortisei. 1984-90 apprendistato nel laboratorio del maestro Heinrich Demetz. 1993 diploma di maestro scultore. 1995-02 insegnante alle Scuole Professionali per Scultori di Ortisei e Selva nelle materie: disegno, storia dell’arte e scultura. 1999-02 formazione in pedagogia, didattica, psicologia dell’apprendimento e dello sviluppo.

2002-06 docente responsabile al corso di studi „arte della scultura lignea“ dell’università di Zwickau (Germania), facoltà d’arte applicata di Schneeberg.

Mostre

2022 Selva Val Gardena (BZ), “Chiec”, personale nel centro culturale Tubla da Nives. Palermo , “Spazi Capaci”, un progetto di Alessandro De Lisi per la Fondazione Falcone, opera “il trionfo della memoria”, nella chiesa S.Maria dello Spasimo. Hangzhou (China),”Gazing Of Tranquility – Italian Contemporary Sculptures”, al Zhejiang Art Museum di , capo curatore Ying Jinfei, co-curatore Shu Wenjing.

2020 Utrecht, Speelklok Museum, personale per il progetto “Straatbeelt”, direttrice Marian van Dijk. Madrid, “Un momento che trascende”, galleria Lucia Mendoza.

2019 New York, “Moments Without Time” – Peter Demetz, galleria Ca’ D’Oro, Chelsea/Manhattan.

2018  Gemona del Friuli, “Fingere lo spazio per fermare il tempo”, Museo Civico Palazzo Elti, Festival Maravee Fiction, a cura di Sabrina Zannier. Milano, “the perception”, Museo della Triennale, curata da Angelo Crespi, per Liquid art System.  Bologna, “Ieratica”, galleria Artforum Contemporary.

2017 Busan (Corea del Sud), “Contemporary Masters – Takashi Murakami e Peter Demetz”, galleria LEE & BAE. Palermo, Palazzo Sant’Elia, “#essenza” a cura di Giacomo Fanale. Houston/Texas, The Woodlands, “A Thousand Mornings” Peter Demetz & Karel Appel, Glade Gallery, curata da Denise Radulescu.

2016  Caserta, “The Exhibition/Inner Outside”, alla Reggia di Caserta, curata da Marco Izzolino per Liquid Art System. Istanbul, “Peter Demetz / Without being watched”, SODA Gallery.

2015 Bologna, “Attraversamenti”, galleria Artforum Contemporary.

2011 Roma, “Peter Demetz- Riflessioni”, Palazzo Valentini, presentazione Beatrice Buscaroli.

2010  Spoleto, “Stanze”, Palazzo Pianciani, a cura di Vittorio Sgarbi.