RICORDO DI DADAMAINO

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Quando ricevetti la notizia della scomparsa di Dada, cercai a lungo dei fiori azzurri. Mi ero fissata: dovevo trovare almeno del plumbago da portare alla messa. Forse, perché il plumbago mi evocava anche il mare e il mare mi rendeva vividi i suoi occhi. Forse, anche per ingannare la tristezza.

Non trovai alcun fiore azzurro e mi venne il dubbio che, forse, i suoi occhi non fossero di quel colore, ma chiari ed espressivi, tanto da confondermi.

Certo è che gli occhi di Dada esprimevano luce.

Veicoli di uno sguardo che mi ha toccato e che ha toccato cose, le ha smosse, come smuove il mare. Come ondulano quei piccoli segni che costituiscono il Movimento delle cose.

Di persona, la conobbi mentre lavorava su quel ciclo di opere.

Mi sono chiesta spesso, col mio temperamento inquieto, come potesse pazientare a lungo su quei minuscoli segni per trasformarli in vortici, in nebulose semantiche.

Se quei segni, nel poliestere fluttuante, che disegnava nell’aria (1) fossero stati anche un modo per rimuovere il ricordo di quel terribile fatto di cronaca che, anni prima, aveva provocato un cambiamento nel suo modo di lavorare (2).

Una fuga nell’indistinto dopo un passaggio dentro a I fatti della vita, dentro a quella Scrittura della mente così di concetto ma, anche, così terrena.

No, non credo. Penso che il susseguirsi di eventi contemporanei non glielo consentisse. Dada era sempre nel presente, come artista e come persona. Piuttosto, vedo ogni singola incisione come una piccola ferita e l’inchiostro nero la sua cicatrice. Un lavoro chirurgico per poter liberare l’opera nell’aria, lontano dal peso di tutte le aderenze che ci impone la vita.  Ma prendendone atto.

Tessere segni di libertà, di ora in ora, giorno dopo giorno era indice di determinazione. Di ostinato coraggio.

Evidentemente ero io che non capivo ma, adesso, mi piace pensare che quel modo serpentino (o costruito con elementi che si susseguono) dei miei primi lavori, quel modo che talvolta ritorna, mi sia entrato dentro direttamente da ciò che gli occhi “marini” di Dada vedevano.

Con un ricordo affettuoso, Arianna Giorgi.