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L’entrata di Cristo a Palermo Il trittico delle storie di Gesù 2015-2017
olio su tela cm. 150×180 coll. Elenk’Art Palermo
Gabriele Landi: Ciao Francesco, spesso le prime avvisaglie della propensione all’arte si riscontrano già dalla prima infanzia è stato così anche per te?
Francesco De Grandi: Non ricordo un momento preciso, ho disegnato come tutti i bambini. Poi ricordo che il mio pediatra prof. Gullo, comprò un mio disegno per cento lire: grandi soddisfazioni!
Amavo molto anche l’ingegneria meccanica, costruivo acquedotti dalla lavanderia fino al terrazzo, costruivo mezzi di trasporto con le molle degli estensori per la ginnastica casalinga e dipingevo in cucina paesaggi ancestrali con mia cugina Fabrizia.
Poi arrivò la TV a colori.
Il 4 aprile 1978 (avevo dieci anni) la prima puntata di Atlas Ufo Robot, da quel momento i miei disegni cambiarono e cominciai a disegnare battaglie spaziali in maniera ossessiva.
E da un ossessione ad un altra non ho più smesso di dipingere.
G.L.: Quale è stato il tuo iter formativo ?
F.D.G.:Verso gli otto/nove anni scuola privata di pittura e ceramica, poi il liceo artistico e l’Accademia di Belle Arti, a Palermo, poi consigli su consigli e oggi anche tutorial su YouTube…
G.L.: Hai imparato più cose a scuola o sulla strada che portava a scuola?
F.D.G.:Ho imparato e continuo ad imparare in ogni occasione, che sia la strada o un istituzione.
G.L.: Quali sono stati gli incontri importanti negli anni della tua formazione?
F.D.G.:Incontrare uomini straordinari genera cambiamento.
Mio padre e mia madre, a volte i peggiori nemici altre i migliori maestri.
Lo zio Toto mi portava sempre al cinema a vedere le ultime novità, oppure ai musei o se c’era una mostra in città. Aveva in casa molte opere d’arte. Aveva una piccola litografia di Capogrossi nel pianerottolo, un giorno dopo aver visto quei segni familiari nell’enciclopedia universale dell’arte che sfogliavo avidamente a casa sua gli dissi “ Ma zio se la tieni lì prima o poi te la ruberanno!!” Fù così che me la regalò, la mia prima opera in collezione!
Enzo Venezia professore al liceo artistico che mi portava riviste di tutti i tipi, fumetti d’autore, letture che all’epoca erano destinate a pochissimi, un giorno mi pagò il biglietto del cinema per la prima di Blade Runner, diceva che non potevo assolutamente perderlo.
Poi gli anni nella bottega di Gai Candido, artista poliedrico, alchimista, mago e grande conoscitore della materia. In quel laboratorio ho sperimentato ogni tipo di tecnica e supporto, ho costruito tombe di re dimenticati, fossili di sirene, armi di epoche immaginarie, scenografie, costumi, stendardi, pergamene… sono stati anni di formazione importantissimi.
Marco, Federico e Nunzio Incardona, il primo pittore, il secondo compositore e il terzo (il padre) filosofo teoretico, hanno avuto il tempo di lasciare impresso in me un ricordo indelebile. Con loro ho bevuto ettolitri di vino e ho parlato di arte e filosofia per giorni e giorni.
Anche una casa può diventare maestra. Per me lo è stata la casa di via Bentivegna a Palermo tra la fine degli anni ottanta e i primi anni novanta. Era una situazione molto fertile e stimolante che andava oltre le mura dell’Accademia, condividevo con altri amici artisti un grandissimo appartamento nel centro storico, tra le case d’appuntamento clandestine. Dipingevamo, viaggiavamo e discutevamo, moltissimo. Finì malamente, con polizia, buttane, sangue e contusioni varie…
A volte un amico che condivide con te la strada può prendere il posto di un maestro, magari anche in un’occasione o in un periodo. Ne dirò di due dei più importanti per me.
Andrea Di Marco. Uno scambio intimo, quasi totale, stroncato dopo la sua improvvisa e deflagrante scomparsa. Luigi Presicce, dai primi anni di carriera a Milano negli anni novanta fino ad oggi. Un rapporto profondissimo e amorevole.
E poi ci sono i maestri che non ho mai incontrato ma che avendone tanto visto e letto li sento come persone vere. Vivono negli scaffali della mia libreria e nei musei di tutto il mondo.
Mi fermo qui, anche se potrei continuare. La formazione non finisce mai e ogni incontro genera opere e cambiamento.
G.L.: Nei primi anni 90 ha lasciato Palermo per andare a Milano a che cosa è dovuta questa scelta?
F.D.G.:Mio padre che aveva militato tra le file del Milan mi diceva sempre: “Chi volta il cul a Milan volta il cul al pàn!”
G.L.: In quegli anni si vedeva molta pittura figurativa, una pittura che si sottraeva abilmente alla ormai vecchia diatriba Arte Povera Vs Transavanguardia. La tua è sempre stata una pittura figurativa?
F.D.G.:Ma in realtà neanche tanta, o meglio, non nei massimi sistemi o nelle gallerie di ricerca come invece succede adesso. La mia pittura pure nei brevissimi periodi giovanili in cui sperimentavo linee più informali o comunque di astrazione ambigua è sempre stata fondamentalmente figurativa.
G.L.: Che importanza ha nel tuo lavoro l’aspetto narrativo. l’idea del racconto?
F.D.G.:Direi che è il nocciolo della questione. Sono un narratore, amo raccontare, descrivere minuziosamente i luoghi e le persone. Gli antefatti, la climax narrativa. Amo le metafore e le figure retoriche, mi piace lavorare con gli archetipi pittorici, con le memorie collettive del nostro vissuto culturale. Credo che esista una grande unità di tempo e spazio dove tutto risuona. E credo che la cosa più potente che l’uomo è riuscito a sviluppare è il proprio racconto.
G.L.: Temi come il viaggio, il sacro mi sembrano centrali nel tuo lavoro. Esiste un idea di mitologia in quello che fai?
F.D.G.:Nel mio lavoro risuonano le domande che non hanno risposta.
Fin da bambino sono stato affascinato da questi enigmi che trovano negli immaginari degli uomini tentativi affascinanti di risoluzione.
Dalle raffigurazioni dei santi alle antiche cosmogonie. Dai grandi libri ai romanzi di genere. Il sacro delle caverne, l’immanente numinoso della natura orrorifica.
Mi sono sempre avvicinato a questo genere di territori, come attratto da forze misteriose e irresistibili.
Francesco De Grandi è nato a Palermo nel 1968; dopo gli studi presso l’Accademia di Belle Arti della sua città, nel 1994 si trasferisce a Milano, dove vi resterà fino al 2008. Dal 2009 al 2012 lavora a Shanghai, poi decide di tornare a Palermo dove trova un luogo più adatto per continuare la sua ricerca.
Dal 1992 a oggi partecipa a mostre collettive e personali in spazi pubblici, musei e gallerie private in Italia e all’estero. Dal 2017 è docente di pittura nelle Accademie di Belle Arti di Palermo, Carrara e Catania. Interessato alla matrice ontologica della Pittura come percorso di conoscenza, Francesco De Grandi trova nei motivi archetipici della storia
una via per l’elevazione spirituale in una forma del dipingere quasi meditativa. Fra studio della natura e sentimento del sacro, dopo anni trascorsi a restituire la sontuosità del paesaggio, nella produzione più recente De Grandi si pone oltre il perimetro del “genere” e fa della natura il luogo di Dio.
Narrativa, figurativa, romantica, evocativa, la pittura di De Grandi si presenta inequivocabile ai nostri occhi nella qualità del colore, del segno, della rivisitazione iconografica. Una pittura che fa i conti con la tradizione, mentre una vibrazione contemporanea la attraversa, col gusto sottile della mescolanza, del ribaltamento e dell’ambiguo, un omaggio all’immensa platea umana che ogni giorno, dal racconto mitologico fino alla cruda cronaca attuale, abita il palcoscenico del mondo.

Compianto al Cristo morto Il trittico delle storie di Gesù 2015-2017 olio su tela cm. 150×180 coll. Elenk’Art Palermo




Le tre M. 2019 olio su tela 35×50
coll. priv.

Giacomo, Giovanni e Pietro addormentati.2020 olio su tela cm 190×220 coll. Privata

La Porziuncola 2019 olio su tela cm. 190×300 coll. privata
