Marco Tirelli sul Nero

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Parola d’Artista: Capita un po’ a tutti gli artisti, o almeno credo, di fare i conti con il nero e tu?

Marco Tirelli : Ho vissuto una cospicua parte della mia vita, circa 15 anni e dove regolarmente torno, su una montagna dell’Umbria, dove ho potuto provare l’esperienza del buio assoluto. Non avendo avuto nessuna casa circostante, dunque nessuna luce artificiale, in molte notti, senza luna e avvolte dalle nuvole, affacciarsi dalla mia casa illuminata era come sporgersi su un abisso nero e denso, a cui i sensi erano estranei: la mia finestra era il quadrato nero di Malevic ove tutto era contenuto. Era il regno dell’indistinto senza soluzione di continuità, ove la luce separatrice, che crea distinzione e contorno, non era.

Se la mia casa illuminata era il regno dei vedenti, quello, l’abisso nero, era l’infinito, il tutto possibile.

Il buio avvolgente protegge allo sguardo le cose che contiene, ne annulla gerarchie e differenze. Mentre lo sguardo, come nell’Infinito di Leopardi, crea limiti e delimitazioni, frammenta e scompone.

La luce invade lo spazio, mentre il buio, come l’acqua dell’oceano, ci invade se vi precipitiamo.

Un giorno, chiedendomi dove vanno a finire le cose quando precipitano nel buio, ho gettato i miei sensi oltre la finestra: dalla mia casa illuminata ho puntato una torcia nella notte, e con questa ho rischiarato frammenti di quel “tutto” su cui Malevic aveva messo una pietra di suggello, dicendo “l’infinito non si può penetrare”; ho violato questo accordo puntando un fascio di luce nel suo quadrato nero. La luce irrompendo dalla mia finestra nel buio, rivelava allo sguardo cose, forme, oggetti consueti, riconoscibili o meno, di senso comune o meno, ma questo non era importante, perché in quel momento le avevo sottratte all’infinito, al nero abisso che le conteneva, e dell’infinito erano testimoni. Questo le rendeva meravigliose, incantevoli e nobili. Come quando nella notte incrociamo un animale con i fari dell’automobile, e ci pare la rivelazione di un mostro abissale, semi immerso nel buio, di cui distinguiamo alcune forme e gli occhi pieni della nostra luce. Quel mostro ci racconta del nero infinito, che fino al nostro incontro lo conteneva. Quel mostro ne è testimone. È frammento ancora immerso nel tutto. Pronto ad esserne re inghiottito.”

Testo tratto da una conferenza tenuta presso la Fondazione Bevilacqua La Masa nell’ ambito del convegno BACK TO BLACK – LA NEREZZA DEL NERO